ARTICOLI SULLA VITA E LA STORIA DEL POPOLO EBRAICO

mercoledì 29 aprile 2009

Yom Hazikaron 27-28 Aprile 2009-Per non dimenticare


Morte di un giovane soldato, ...e la mamma



Morte di un giovane soldato, ...e la mamma
Questa storia e' molto seria e triste.
E' la storia di un caduto, un soldato morto. E' la storia di sua madre.
Non sempre un soldato muore eroicamente in battaglia, a
volte muore per sbaglio,o perfino stupidamente.....
Un soldato muore per colpi sbagliati dei suoi compagni.
La madre del soldato caduto, ha 4 figli, famiglia modesta,
lavora duro per guadagnare,
fa i mestieri nelle case altrui. Pochi soldi.
Da quando il figlio e' caduto, va a visitare la casarma
dove e' morto anche piu' di prima,
porta ai soldati da mangiare, un po di dolci, torte.
Arriva piena di sacchetti pieni di cibo.
e' una donna gia matura sui 60 anni. Il marito le corre
dietro a fatica, piu' vecchio e stanco.
Il Soldato e' caduto a causa due colpi di fucile sparati
per sbaglio da un soldato dello stesso colore.
La donna chiede di vedere il ragazzo.
"un ragazzo finito, disperato" dice il padre.
"era consumato dalla colpa, abbiamo temuto che si
volesse suicidare" aggiunge la madre.
La madre abbraccia il soldato che ha ucciso suo figlio
"capita, non e' colpa tua, sono cose che capitano nella guerra"
Il soldato dice " mi hanno salvato la vita....."
Il soldato va il venerdi' sera a cena dai genitori del soldato
ucciso, il venerdi sera gli ebrei celebrano il Sabato
con preghiere e canzoni. Il soldato che ha ucciso per sbaglio viene
trattato come un figlio dai genitori del soldato morto.
'L'ho abbracciato, ho sentito il calore di mio figlio,
il profumo di mio figlio" dice la madre.

Un giorno intero in Israele si sentono alla radio e si
vedono alla TV storie del genere.
Persone semplici, che non sanno spiegare a molto a parole,
ma che sono capaci di gesti
grandi come questo della MADRE.
Perfino io cinico e critico commentatore mi ritrovo a piangere
come un bambino.
La televisione inquadra tra il pubblico gente che piange
compita o senza ritegno,cosi si costruisce il patriotismo,
un ufficiale si butta su una granata per salvare col suo corpo
i suoi soldati. Giovane padre di tre bambini piccoli che
cresceranno sapendo che il padre e' un eroe....e le vedove
.....storie struggenti e amare di donne che vivono
di ricordi e solitudine...

Caduti eroismo sentimenti patria Israele.
http://israelediversa.ilcannocchiale.it/

Shoah - Poesie dei bambini del ghetto di Terezin


Shoah - Poesie dei bambini del ghetto di Terezin



Una macchia di sporco dentro sudicie mura
e tutt´attorno il filo spinato
30.000 ci dormono...
Sono stato bambino tre anni fa.
Allora sognavo altri mondi.
Ora non sono più un bambino,
ho visto gli incendi
e troppo presto sono diventato grande.
Ho conosciuto la paura,
le parole di sangue, i giorni assassinati...


Alla luce di una candela m´addormento
forse per capire un giorno
che io ero una ben piccola cosa,
piccola come il coro dei 30.000,
come la loro vita che dorme
laggiù nei campi,
che dorme e si sveglierà,
aprirà gli occhi
e per non vedere troppo
si lascerà riprendere dal sonno...
Hanus Hachenburg, da Vedem, settembre 1944

Pesanti ruote ci sfiorano la fronte
e scavano un solco nella nostra memoria.
...
Quattro anni dentro a una palude
in attesa che irrompa un´acqua pura.
Ma le acque dei fiumi scorrono in altri letti,
sia che tu muoia o che tu viva.




I bambini rubano il pane e chiedono soltanto
di dormire, di tacere e ancora di dormire...
Pesanti ruote ci sfiorano la fronte
e scavano un solco nella nostra memoria...
Mif, 1944

È piccolo il giardino
profumato di rose,
è stretto il sentiero
dove corre il bambino:
un bambino grazioso
come il bocciolo che si apre:
quando il bocciolo si aprirà
il bambino non ci sarà.
Franta Brass, nato a Brno il 14.9.1930
morto ad Auschwitz il 28.10.1944



La farfalla
L´ultima, proprio l´ultima,
di un giallo così intenso, così
assolutamente giallo,
come una lacrima di sole quando cade
sopra una roccia bianca
- così gialla, così gialla! -
l´ultima,
volava in alto leggera
aleggiava sicura
per baciare il suo ultimo mondo.
Tra qualche giorno
sarà la mia settima settimana
di ghetto...
Ma qui non ho visto nessuna farfalla.
Quella dell´altra volta fu l´ultima:
le farfalle non vivono nel ghetto.
Pavel Friedmann, da Vedem, 4.6.1942

Vorrei andare sola
dove c´è un´altra gente migliore
in qualche posto sconosciuto
dove nessuno più uccide.
Ma forse ci andremo in tanti
verso questo sogno,
in mille forse
e perché non subito?
Alena Synkovà
...

Fatti non foste a viver come bruti
ma per seguir virtute e conoscenza...

Polifonie di sguardi
Presentazione e calendario eventi...

Istituto Comprensivo "Aldo Moro" e Comune di Calcinate
22-31 gennaio 2006





http://www.iccalcinate.it/shoah.php?oper=documento&id=14

LETTERA DI UN RAGAZZO NEL LAGE DI PUSTKOW


Miei cari genitori...addio





Lettera scritta in yiddish da un ragazzo di 14 anni nel campo di concentramento di Pustkow.







Miei cari genitori,


se il cielo fosse carta e tutti i mari del mondo inchiostro, non potrei descrivervi le mie sofferenze e tutto ciò che vedo intorno a me.
Il campo si trova in una radura. Sin dal mattino ci cacciano al lavoro nella foresta. I miei piedi sanguinano perché ci hanno portato via le scarpe… Tutto il giorno lavoriamo quasi senza mangiare e la notte dormiamo sulla terra (ci hanno portato via anche i nostri mantelli).
Ogni notte soldati ubriachi vengono a picchiarci con bastoni di legno e il mio corpo è pieno di lividi come un pezzo di legno bruciacchiato. Alle volte ci gettano qualche carota cruda, una barbabietola, ed è una vergogna: ci si batte per averne un pezzetto e persino qualche foglia.
L’altro giorno due ragazzi sono scappati, allora ci hanno messo in fila e ogni quinto della fila veniva fucilato… Io non ero il quinto, ma so che non uscirò vivo di qui. Dico addio a tutti, cara mamma, caro papà, mie sorelle e miei fratelli, e piango…



http://www.majorana.org/progetti/shoah/sommario.htm

SHOAH-VITA NEI LAGER


Vita nei lager





Le persone deportate nei campi di concentramento erano sottoposte a condizioni proibitive: la sottile casacca carceraria non proteggeva gli internati dal freddo; i cambi di biancheria si succedevano ad intervalli pluri-settimanali e persino mensili, e gli internati non avevano la possibilità di lavarla. Ciò era causa di diffusione di epidemie e di diverse malattie, in particolare del tifo, della febbre tifoidea e della scabbia.

Molti malati non venivano accettati in ospedale per il troppo affollamento; in tale situazione i medici delle SS conducevano periodicamente delle selezioni, sia tra i malati ed i convalescenti in ospedale, sia tra gli internati alloggiati in altri blocchi. I più deboli e coloro che non davano speranze di pronta guarigione erano portati nelle camere a gas, oppure soppressi in ospedale con iniezioni di fenolo al cuore. Per questo motivo i detenuti avevano soprannominato l'ospedale ‘anticamera del crematorio’.

Oltre alle esecuzioni ed alle camere a gas, un efficace mezzo di sterminio era il lavoro. I detenuti erano utilizzati in diversi settori lavorativi. Inizialmente lavoravano all'ampliamento del campo di concentramento livellando il terreno, costruendo nuovi blocchi e baracche, strade, canali di prosciugamento. Successivamente cominciò a far sempre più uso di detenuti, quale manodopera a basso costo, l'industria del III Reich. Durante il ritorno al campo delle squadre di lavoro, i morti ed i feriti venivano trascinati, trasportati su carriole e su carri.

Il primato nell'occupazione dei detenuti spetta al gruppo industriale tedesco IG-Farbenindustrie che costruì a Monowice, vicino a Oswiecim, una fabbrica per la produzione di gomma sintetica e la raffinazione della benzina: la Buna-Werke.

Le condizioni abitative, sebbene differenti nei vari periodi di esistenza del campo, furono sempre disastrose. I detenuti arrivati con i primi convogli dormivano sulla paglia sparsa sul pavimento di cemento, successivamente si usarono pagliericci.

A seconda dei motivi dell'arresto i detenuti erano contrassegnati da triangoli di diverso colore, cuciti sulle casacche degli internati insieme al numero di matricola. Una parte degli internati portava triangoli di colore rosso assegnato ai prigionieri politici. I triangoli neri erano destinati agli zingari ed ai detenuti ritenuti asociali dai nazisti. Agli studiosi delle Sacre Scritture erano destinati dei triangoli viola, agli omosessuali rosa ed ai criminali verdi.

Il valore energetico della razione quotidiana di un detenuto nel campo era di circa 1300 - 1700 calorie. A colazione il detenuto riceveva circa mezzo litro di caffè, ovvero un decotto di erbe; a pranzo circa un litro di minestra senza carne, spesso con verdure avariate. La cena consisteva in circa 300 - 350 grammi di pane nero duro come pietra, in quantità irrisorie di un altro alimento e da una bevanda d'erbe. Il lavoro pesante e la fame causavano l'esaurimento totale dell'organismo. La carenza di alimenti sufficienti portava spesso alla morte per fame. Alcune fotografie scattate dopo la liberazione del campo, mostrano detenute divenute quasi cadaveri e con un peso variabile dai 23 ai 35 Kg.



A tal riguardo è utile riportare la giornata tipo di un detenuto del campo di Mauthausen.

In estate, la sveglia avveniva da Lunedì a Sabato, alle 4.45. Alle 5.15 si effettuava l’appello. Le ore lavorative: dalle 6 alle 12 e dalle 13 alle 19. fra le 12 e le 13 vi era la pausa meridiana che comprendeva la marcia per raggiungere il campo dal posto di lavoro, quella del ritorno e l’appello per certe squadre che lavoravano nella zona del campo. Dopo le 19 vi era un altro appello e il rancio. Alla domenica lavoravano soltanto alcune squadre addette all’industria bellica ed i prigionieri che erano in punizione. In inverno la sveglia avveniva alle 5.15; l’inizio e la cessazione del lavoro nella cava di pietra dipendeva dalla durata della luce del giorno. Nell’industria bellica il puro lavoro era di 11 ore giornaliere.







http://www.majorana.org/progetti/shoah/sommario.htm

lunedì 27 aprile 2009

Yom Hazikaron 27-28 Aprile 2009

Yom Hazikaron 27-28 Aprile 2009
(Giorno della Memoria dei Caduti delle Guerre di Israele)



Yom Hazikaron è il giorno della memoria dei caduti in guerra e delle vittime del terrorismo, e si celebra ogni anno al 4o giorno di Iyar, tra la fine di aprile e l'inizio di maggio, una settimana dopo Yom Hasho'a, il giorno della Memoria dell'Olocausto, e due settimane dopo Pesach. E' dedicato a tutti i caduti in battaglia, dai soldati, ai membri delle forze di sicurezza, ai caduti dei movimenti clandestini precedenti la fondazione di Israele, alle vittime del terrorismo. Yom Hazikaron venne decretato per legge nel 1963, ma la consuetudine della celebrazione in questa data risale al 1951, fissando il legame tra il giorno dell'Indipendenza e tutti coloro che, per ottenere e mantenere questa indipendenza, sacrificarono la propria vita.


La giornata inizia la sera del 4o giorno di Iyar e termina la sera successiva, con l'apertura delle celebrazioni del Giorno dell'Indipendenza. Per legge, ogni luogo di divertimento rimane chiuso, le cerimonie commemorative si svolgono in tutto il paese e le bandiere vengono abbassate a mezz'asta. Una sirena risuona alla vigilia di Yom Hazikaron, alle 8, poi di nuovo la mattina seguente, alle 11, e durante il suono è consuetudine rimanere in silenzio. Le celebrazioni si svolgono nei centri cittadini, nei pubblici edifici e nei cimiteri, e i programmi radiotelevisivi sono dedicati al tema della giornata.



Consuetudini



In Israele è difficile che qualcuno non abbia perso un familiare, un amico o un conoscente in una delle guerre subite dal paese, per questo motivo Yom Hazikaron è un giorno particolarmente significativo per tutti. Sono in molti a partecipare alle celebrazioni, e i familiari dei caduti si recano a visitare i cimiteri militari.



Informazioni importanti



Yom Hazikaron non è una festività, e tutte le attività che non riguardano intrattenimento e ricreazione si svolgono regolarmente, ma è sempre consigliabile informarsi anticipatamente se un luogo specifico sia aperto. In ogni caso, la particolare atmosfera di lutto è percepibile in ogni strada.



http://www.israele-turismo.it/Tourism_Ita/Tourist+Information/Discover+Israel/Holidays/Yom+Hazikaron.htm

Yom HaShoah 5769 (20 aprile 2009)


Yom HaShoah 5769 (20 aprile 2009)
Yom HaShoah (יום השואה yom hash-sho’āh), o "Giornata del ricordo dell'Olocausto", ricorre il 27esimo giorno di Nissan, nel calendario ebraico. Si tiene ogni anno in ricordo dei 6 milioni di ebrei che furono uccisi durante l'Olocausto dai nazisti.

La riccorenza viene celebrata quest’anno il lunedì 20 aprile.
Per saperne di più, consigliamo il sito www.lager.it

Yom HaShoah in Israele
La giornata inizia in modo straziante. Di mattina una sirena percorre tutto il paese e per due minuti tutto si ferma. Autobus,macchine, chi cammina si ferma di colpo. Immobili, quasi sull'attenti, ognuno ricorda il passato con la sua immensa tragedia. Tutto il giorno è dedicato alla memoria di chi è scomparso nella Shoah. Nomi dei defunti vengono pronunciati uno dopo l'altro dai discendenti dei sopravvissuti nelle scuole, nei musei, nei luoghi pubblici. Israele ricorda e piange. (…) Ricordare perchè non accada mai più.
(Fonte: Informazione corretta).


Memoriale della Shoah a Parigi
All’occasione di Yom HaShoah, per il quarto anno consecutivo, viene effettuata la lettura dei nomi dei deportati ebrei di Francia davanti al Muro dei Nomi (76000 nomi).
Nel corso di una lettura pubblica senza interruzione durante 24 ore saranno pronunciati, uno a uno, i nomi di ogni uomo, donna, bambino deportato (dal 20 aprile 20.45 al 21 aprile 19.00).
Circa 200 persone, ex deportati, parenti, volontari, bambini, e altri leggeranno uno dopo l’altro, a partire dalle liste pubblicate nel Livre Memorial de la Déportation di Serge Klarsfeld, i nomi di “quelli di cui rimane soltanto il nome” (Simone Veil).
(per saperne di più, vedere il sito web http://www.memorialdelashoah.org)





http://www.comunitadibologna.it/index.php?option=com_content&task=view&id=110

Yom ha-'atzmauth 5769 (29 aprile 2009)


Yom ha-'atzmauth 5769 (29 aprile 2009)


Yom Hatzmaut – 60 anni di indipendenza dello Stato di Israele
7 maggio 2008
Sinagoga di Bologna, Via Mario Finzi

Saluto di apertura – G. Ottolenghi (Presidente, Comunità Ebraica di Bologna)

Autorità, amici tutti, è con piacere ed emozione che rappresento i sentimenti di gioia e gli auspici di pace della nostra Comunità in questo 60mo anniversario dell’indipendenza dello Stato di Israele.

Dopo il mio breve intervento, sarò onorato di dare la parola al Signor Sindaco, Sergio Cofferrati, che ci porta il saluto della Città, al Presidente del MEB, Prof. Emilio Campos, con cui abbiamo organizzato varie iniziative questa settimana. Tra i principali eventi ricordo il concerto per pianoforte qui in sinagoga domenica prossima 11, alle 17:30, e l’inaugurazione della mostra di foto di Robert Capa, scattate in Israele nel 1948, al MEB mercoledì prossimo 14 alle 18. Chiuderà gli interventi il Rabbino Capo, Alberto Sermoneta.

Cosa rappresenta lo Stato di Israele per noi ebrei, e cosa rappresenta e per noi cittadini italiani ed europei, e per i nostri concittadini di altre convinzioni civili o religiose?

Ecco un’occasione che nuovamente ci incoraggia a porci domande sulla nostra identità. L’identità è una faccenda complicata se ci pensate: ognuno di noi coltiva al suo interno molteplici identità. Abbiamo idee politiche, religiose, passioni sportive e hobbistiche, un’ identità nazionale, e una di campanile, apparteniamo ad un gruppo professionale, e ad una classe sociale. Insomma non abbiamo un’identità unica, e accettare di farci definire da una identità unica favorisce l’integralismo.

Questo lo sa bene la cultura ebraica, dove forse più che altrove si coltiva la differenza di identità: non è davvero molto frequente sentir parlare di ebrei che si considerano identici fra loro. La vivacità delle discussioni e dei punti di vista, il rifiuto del pensiero unico, l’accettazione di una pluralità di identità consentono il confronto e l’arricchimento costante delle culture. Il mondo ebraico si è sempre confrontato e si confronta col mondo esterno, da esso impara e ad esso fornisce contributi di pensiero, di cultura e di etica. Il mondo ebraico ha sempre saputo convivere con altre culture e crede nei valori di libertà religiosa, uguaglianza e rispetto.

Nell’ambito di questo riconoscimento della pluralità dell’identità di ciascuno di noi, trova oggi posto nell’idea di sé di ogni ebreo un legame con Israele. Questo legame ha molte nature, può anche essere critico, può essere politico, può essere religioso, ma è essenziale.

Credo di poter dire con certezza che, anche nell’animo di chi ebreo non è, Israele occupa un posto significativo. La nostra storia europea e la nostra cultura non sono indifferenti a questo piccolo angolo del mondo, e in un modo o nell’altro tutti, almeno ogni tanto, guardiamo verso Gerusalemme. Israele produce musica e libri, danza e cinema, tecnologia e agricoltura, architettura e pensiero politico. Israele è una frontiera tra due mondi, un grande esperimento di integrazione di culture e di identità, e insieme è un luogo simbolico delle origini dell’etica e della religione. I valori che vanno sperimentandosi oggi in Israele affondano le loro radici in principi antichi e in speranze di pace e armonia che permeano la nostra cultura in Europa. Per questo nessuno di noi vi resta indifferente

In questo contesto penso alla Fiera del Libro che inaugura domani a Torino, e che dedica il posto d’onore alla letteratura Israeliana. Davanti ai suoi cancelli vi saranno persone che invocano la libertà per negare la libertà, e la cultura per negare la cultura, e che vorrebbero emarginare gli scrittori di Israele, così come in passato hanno tentato di emarginarne l’accademia o l’arte. Questo astio verso le idee impoverisce chi lo pratica.

Speriamo che Israele possa essere sempre un paese che dialoga con le altre nazioni, contribuendo con le sue idee alla creazione di tempi migliori, in pace e senza temere per la propria esistenza. Speriamo che le celebrazioni di questo anniversario si svolgano con gioia, secondo l’insegnamento di Abrabanel che a Pesach, la Pasqua ebraica, richiede che gettiamo una parte del nostro bicchiere di vino. Perché la nostra gioia non può essere piena se, anche senza nostra colpa, essa ha prodotto sofferenza ad altri.

http://www.comunitadibologna.it/index.php?option=com_content&task=view&id=119

Discorso del rabbino per Yom Haatzmaut 2008
“Nel tornare oh Signore gli scampati di Sion, eravamo come sognatori, dunque si riempì la nostra bocca di gioia e la nostra lingua di giubilo…”

Questo salmo che abbiamo recitato e che viene recitato nei momenti più solenni, da millenni accompagna il popolo ebraico.
Proprio come dice il testo, “ha zore’im be-dim’à be rinnà ikzoru” “coloro che seminano piangendo, raccolgono con il canto e la gioia” così è accaduto a coloro che, miracolosamente scampati alla barbara sorte toccata ai loro famigliari e ai figli dello stesso popolo, dei campi di sterminio nazisti, trovarono rifugio e calore nella terra promessa ai Patriarchi e di lì a poco sarebbe divenuta la tanto anelata Terra di Israele.

La liberazione dal regime nazifascista che aveva riportato fra le nazioni europee un po’di pace e tranquillità vedeva le forze che avevano combattuto per la libertà impegnate a ripristinare fra la gente un modo di vita degno di quel nome. La città di Bologna stessa, assistendo alla liberazione anche da parte della Brigata Ebraica –che univa le sue forze a quelle cittadine- ritrovò la strada per ricostruire tutto ciò che la guerra aveva distrutto fisicamente e moralmente.
Era sì un sogno, ma un sogno che in poco tempo si sarebbe tramutato in una triste realtà; infatti, immediatamente dopo il riconoscimento dalla maggior parte delle Nazioni Unite, Israele si trovava a sostenere troppe guerre contro popolazioni ben più armate di lei.

Oggi lo Stato di Israele compie sessanta anni e nonostante ciò, il pericolo per questo Stato è ancora in agguato:
- un pericolo fisico: a causa dei continui lanci di missili da parte dei territori confinanti e di quei continui attentati a innocenti civili, in ogni momento ed in ogni luogo di abituale frequentazione.
- un pericolo psicologico: a causa delle violenti critiche di una parte del mondo, che non riesce a comprendere quale sforzo abnorme Israele stia facendo per ottenere un po’ di pace e tranquillità, considerati da tutti un inequivocabile diritto alla vita di ogni suo abitante.

In questi ultimi giorni, si sta assistendo a qualcosa che danneggia Israele ancor più di una guerra vera e propria.
In occasione del suo sessantesimo anno, Israele è stata dichiarata “ospite d’onore” alla Fiera del Libro di Torino e per questo motivo vi è da parte di una grossa fetta di estremismo politico, un atteggiamento di ostilità, non solo nei suoi confronti, ma anche nei confronti di tutti coloro che riconoscono in questo evento uno spiraglio di luce verso quella zona martoriata dai conflitti.

A proposito di ciò, un plauso particolare va alla città di Bologna che, attraverso le sue istituzioni culturali, in particolare il suo Ateneo, non ha permesso una manifestazione ufficiale di boicottaggio da parte di coloro che nutrono sentimenti di odio non solo nei confronti di Israele, ma e soprattutto della cultura, la quale non ha e non deve avere nessuna religione, nessuna razza ma deve essere un diritto ed un dovere per ogni cittadino libero!

Il popolo ebraico nel corso della sua storia plurimillenaria è stato definito da tutti “‘am ha sefer” il popolo del libro, proprio per la sua devozione allo studio e per la dedizione alla cultura.
Nel corso dei secoli, lo studio per noi ebrei, ha rappresento il mezzo fondamentale alla vita ed alla sopravvivenza in mezzo alle civiltà che ci hanno ospitati e circondati. Esso è stato il modo per poter esprimere la propria condizione di vita e portarne arricchimento ed esperienza. La Torà considerata la base della nostra cultura e del nostro credo - considerato fondamentale per comprendere il concetto di libertà - anche nel testo manoscritto, particolarmente sacro e riposto nell’Arca di ogni Sinagoga, viene indicato semplicemente con il termine SEFER- LIBRO.

Boicottare ciò equivale a boicottare la libertà di ogni uomo.

Le manifestazioni fatte in questi ultimi anni, a favore delle pace, soprattutto in Medio Oriente, sono state in gran parte un segno tangibile di intolleranza nei confronti di Israele e più volte abbiamo assistito all’atroce cerimonia delle bandiere bruciate, che si è ripetuta anche in occasione della manifestazione del 1° Maggio, data che simboleggia un alto valore di civiltà e rispetto nei confronti di ogni essere umano.
Anche nella nostra Regione e più precisamente nella città di Modena, episodi simili hanno intaccato, il sempre vivo rapporto di integrazione e di rispetto nel corso di centinaia di anni, fra la Comunità ebraica locale e gli abitanti della città.
Episodi simili, non servono ad aprire uno spiraglio di luce per la convivenza pacifica fra esseri umani, ma contribuiscono alla sempre più forte spaccatura in nome di un ideale che non c’è.

Il numero sei nella tradizione ebraica corrisponde all’ultimo sforzo prima del grande riposo: nel testo della Genesi, a proposito della Creazione del mondo è narrato che il Signore creò il mondo in sei giorni e poi al settimo si riposò, istituendo così lo Shabbat che è il giorno del riposo assoluto all’insegna della valorizzazione dell’opera di ogni essere vivente: umano ed animale.
Il sesto anno doveva completarsi il lavoro della terra ed al settimo tutto doveva essere lasciato incolto poiché anche il terreno aveva il diritto al riposo.

Sessanta è un multiplo di sei, è il sesto decennio di vita dello stato di Israele,che nonostante gli sforzi occorsi per la sua difesa, non si è sottratto al dovere morale civile e democratico di contribuire allo sviluppo ed al progresso in ogni campo ed in ogni settore della scienza, della tecnica e al bene dell’umanità tutta.

Per questo motivo ci auguriamo tutti che l’inizio di questo settimo decennio, Israele ed i suoi paesi confinanti possano finalmente trovare un’intesa vera, onesta e limpida per contribuire al bene di una pace salda e duratura fra esseri creati dallo stesso Essere a Sua immagine e somiglianza con lo scopo di portare su questo mondo una pace eterna.
http://www.comunitadibologna.it/index.php?option=com_content&task=view&id=157

sabato 18 aprile 2009

BUON COMPLEANNO A RITA LEVI MONTALCINI


Montalcini: primo taglio della torta
Festa 100 anni in Quirinale e Senato, convegno su cervello a Roma
(ANSA) - ROMA, 18 APR - Primo e ben augurale taglio di torta per Rita Levi Montalcini che il 22 aprile compira' 100 anni e il 20 aprile sara' ricevuta da Napolitano. La senatrice, che ha presentato la conferenza scientifica sul cervello che si svolgera' a Roma proprio il 22 aprile, ha accolto la stampa con un'enorme torta di fragole e cioccolato e la scritta: 'Celebrating Rita Levi Montalcini 100th birthday'. Dopo la festa in Quirinale e il convegno in Campidoglio sara' il Senato il 23 aprile a rendere omaggio al Nobel.



http://www.ansa.it/site/notizie/regioni/lazio/news/2009-04-18_118361933.html







ilGiornale.it
n. 93 del 2009-04-18 pagina 0

La Montalcini: a 100 anni la vita mi emoziona
di Redazione

L'Istituto superiore della sanità festeggia lo scienziato che compie i cento anni il 22 aprile e le intitola la nuova sala congressi "dei Nobel". E lei dice: "non sono nè emozionata nè spaventata"

Roma - È emozionata? "No, non sono per niente emozionata, nè spaventata. L’unica cosa che mi emoziona ancora è la vita": il premio Nobel Rita Levi Montalcini vive così i 100 anni che si prepara a festeggiare il prossimo 22 aprile. La scienziata viene celebrata all’Istituto superiore di sanità che le dedica la nuova sala congressi "dei Nobel". Molto personale e toccante il discorso che le dedica il sottosegretario al Welfare, Ferrucio Fazio che si è detto "molto emozionato nel vedere Rita seduta lì, accanto a mia madre, avendo collaborato tanti anni fa con un giovane ricercatore che si sarebbe poi dedicato più alla medicina che alla ricerca, mio padre", ha continuato Fazio.

Seduta in prima fila tra la mamma del sottosegretario e Gianni Letta alla sua destra, Rita Levi Montalcini è attenta ad ogni parola che le viene dedicata. "Rigore di vita, non solo scientifico, valori e pensare in modo non convenzionale. Ecco i segreti di Rita per un 'successo buono' - ha concluso Fazio - quello che fa bene a tutti".

«Arrivare a 100 anni è un premio per me. Il segreto? Non pensare a se stessi, ma agli altri e lavorare con passione». È una delle frasi pronunciate da Rita Levi Montalcini. Un’esistenza guidata dal «pensare non convenzionale», ha sottolineato Ferruccio Fazio, sottosegretario alla Salute intervenuto alla cerimonia. L’essenza della ricerca e del progresso , come ha aggiunto il sottosegretario, è quella serendipity che spesso assiste gli scienziati che, mentre cercano qualcosa, fanno scoperte fondamentali, come fu per la penicillina. Serendipity non vuol dire solo fortuna, vuol dire, soprattutto, acume, curiosità e saper capire che dietro "l'insolito", ci può essere un mondo da indagare. "E così è stato anche per Rita Levi Montalcini", ha sottolineato.

Laureatasi nel 1936 ha conquistato il premio Nobel per la Medicina per la scoperta del fattore di crescita Nerve Growth Factor, una molecola, ha spiegato la Montalcini, scoperta "perché ho capito che quello che stavo osservando non rientrava nella norma". L’NGF ha aperto la strada agli studi della biologia molecolare, ad un nuovo approccio diagnostico che misura l’equilibrio delle vie metaboliche, quelle che portano le informazioni tra cellula e cellula ed ha, infine, rivoluzionato, come ha sottolineato Fazio, anche la progettazione dei farmaci, non solo centrati sull’efficacia generale del principio attivo, ma disegnati per riparare pezzi di circuiti metabolici alterati.

Dopo la cerimonia di apertura, il premio Nobel è stata omaggiata dai ricordi dei suoi amici, dei suoi collaboratori e dei suoi allievi che hanno voluto lasciare testimonianza della loro stima e del loro affetto per Rita, come confidenzialmente la chiamano, in un volume che raccoglie i loro pensieri, molti dei quali sono stati letti dall’attore Paolo Triestino. Ne emerge il ritratto di una donna coraggiosa, coerente, piena di passione per il suo lavoro, gentile, elegante e che ha sempre saputo ascoltare i giovani.

Un ritratto che Antonio Garaci, presidente del CNR ha confermato. "Erano gli anni ottanta - ha detto - ed erano passati già diversi anni dal suo rientro dall’Italia. Il suo soggiorno all’Istituto Superiore di Sanità era ormai concluso e la sua affermazione come ricercatore di fama internazionale e la sua carriera al CNR erano sempre più in ascesa. Ma il ricordo che ho di lei non si limita a quello di un ottimo ricercatore e di un creativo della scienza. Era impossibile incontrare Rita levi Montalcini e non scorgere una donna dagli occhi luminosi, curiosa della vita e del mondo, animata ogni volta che nella discussione si intrecciava l’etica con la scienza".

"Dopo tanti interventi che mi hanno celebrato - ha detto ancora Rita Levi Montalcini - è difficile prendere la parola. Sono commossa e sorpresa da tale accoglienza. In realtà, non credo di essere nata per fare la scienziata, il mio grande desiderio che solo ora, alla fine della mia vita ho potuto esaudire, è sempre stato quello di aiutare chi ne aveva più bisogno. Penso all’Africa, alle donne e agli uomini sfruttati ancora oggi". Ininterrotte le parole che più volte hanno riproposto pensieri e convinzioni, come quello che nella vita a contare veramente sono i valori e "non importa quanto si vive, ma quali sono i messaggi che si lasciano".

Non è mancata l’autoironia, quando, accorgendosi di parlare, forse, un pò troppo ha detto che fortunatamente non soffre di Alzheimer e che il suo cervello, arricchito dall’esperienza scientifica ed umana, funziona meglio ora che quando aveva 20 anni "se non m’illudo", ha aggiunto. E a proposito dei suoi inizi come ricercatrice, ha ricordato che in fondo le leggi razziali l’hanno aiutata "perché segregata nella mia stanza ho potuto lavorare", ha detto. Ed infine,ringraziando tutti e soprattutto l’ISS per l’onore che le ha accordato dedicandole una targa nell’aula conferenze dei premi Nobel, ha voluto anche elogiare il suo paese, nel quale è ritornata a lavorare nel 1963, e gli italiani, "un popolo pieno di intuito e di fantasia. Un capitale umano enorme. Auguro a tutti i giovani di avere la mia stessa fortuna" ha etto, salutando il pubblico.



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venerdì 17 aprile 2009

Fondo d'Aiuto Ebenezer-Operazione Esodo


Fondo d'Aiuto Ebenezer
Operazione Esodo


Aliyah:
La chiamata di Dio per il ritorno del Suo popolo
Le scritture dell'Antico Testamento contengono decine di riferimenti nei quali il Signore rivela i progetti del Suo cuore per questi ultimi giorni riguardo a Israele. Ripetutamente Egli preannuncia la restaurazione della nazione d'Israele sull'antica terra promessa da Dio nell'alleanza, e in seguito il ritorno dei Suoi eletti dalle parti più remote della terra verso quella nazione.



Tramite Gustav Scheller Dio fece sorgere il Fondo d'Aiuto Ebenezer come una parte del Suo piano di far ritornare gli ebrei dispersi verso Israele. Da molte nazioni una grande schiera di cristiani sente che raccogliere di nuovo i figli d'Israele sulla loro terra è una chiamata santa e una missione di misericordia. Il risultato: decine di migliaia di olim sono stati riportati a casa.

Sfortunatamente molti leader di altri ministeri hanno cercato di screditare il lavoro della Aliyah in generale – il ritorno degli ebrei in Israele – e del Fondo d'Aiuto Ebenezer in particolare, affermando che soltanto gli ebrei che hanno accettato Cristo come Salvatore e Messia dovrebbero essere ricondotti in Israele. In questo documento cerchiamo di esporre la nostra comprensione della chiamata del nostro Padre celeste.

1. La chiamata di Dio è santa
Numerosi passaggi nell'Antico Testamento indicano esplicitamente che Dio vuole che i credenti ‹gentili› giochino un ruolo importante nel portare a casa gli ebrei.

Isaia profetizzò: «Così parla il Signore, DIO: ‹Ecco, io alzerò la mia mano verso le nazioni … ed essi ti ricondurranno i tuoi figli in braccio, ti riporteranno le tue figlie sulle spalle.» (Isaia 49:22) Isaia dice nuovamente che «Egli alzerà un vessillo verso le nazioni … e radunerà i dispersi di Giuda dai quattro canti della terra.» (Isaia 11:12) «I popoli – i ‹goyim› o ‹gentili› – li prenderanno e li ricondurranno al loro luogo, e la casa d’Israele li possederà nel paese del SIGNORE…» (Isaia 14:2) Inoltre il profeta proclama: «Le isole che spereranno in me avranno alla loro testa le migliori navi per ricondurre i tuoi figli da lontano…» (Isaia 60:9 Living Bible)

Ecco dunque stabilita la correttezza della Sua chiamata. Essa può essere portata a compimento soltanto quando Israele è nuovamente ristabilito come una nazione.

2. L'ordine divino
Nell'ultimo terzo della straordinaria profezia di Ezechiele, il profeta mostra attentamente il piano di Dio per la restaurazione d'Israele, sia della terra che del popolo. Nel capitolo 36, versi 24 e seguenti, Dio promette che a causa del Suo Nome Santo, e come testimonianza alle nazioni, Lui è in procinto di portare a termine una grande opera. All'inizio afferma: «Io vi farò uscire dalle nazioni, vi radunerò da tutti i paesi.» Poi dice: «E…» – notate la congiunzione! – «… vi ricondurrò nel vostro paese, vi aspergerò d’acqua pura e sarete puri. Io vi purificherò di tutte le vostre impurità e di tutti i vostri idoli. Vi darò un cuore nuovo e metterò dentro di voi uno spirito nuovo. Toglierò dal vostro corpo il cuore di pietra, e vi darò un cuore di carne. Metterò dentro di voi il mio spirito e farò in modo che camminerete secondo le mie leggi e osserverete e metterete in pratica le mie prescrizioni. Abiterete nel paese che io diedi ai vostri padri. Sarete il mio popolo, e io sarò il vostro Dio.» (Ezechiele 36:24-28)

La via della redenzione di Dio è immutabile e chiaramente delineata. C'è spazio per l'aiuto umano nel cercare, raccogliere e portare i dispersi verso la terra che Dio ha loro affidato. In ogni modo, con grande cura Dio fa osservare: «E!» E poi Lui laverà e purificherà il peccato, darà un cuore e uno spirito nuovo, e metterà il Suo Spirito Santo in loro. Solo allora, nella nuova obbedienza a Lui, potranno vivere nella loro terra promessa ed essere il Suo popolo.

Il nostro mandato di raccogliere e portare è indiscutibile! Il Suo compito di purificare e rinnovare i loro spiriti è altrettanto chiaro.

La Sua Parola indica chiaramente che Israele ritorna nella sua terra senza fede – almeno in gran parte – e che il nostro Signore lo sa chiaramente già prima. Questo fatto è confermato nella grande visione delle ossa secche nel capitolo 37 di Ezechiele.

Nel mezzo di un'intera valle di ossa sconnesse, seguendo l'ordine di Dio, Ezechiele profetizza. Segue un gran rumore di ossa che si congiungono, ognuno si attacca all'altro. Poi inizia la restaurazione: prima i tendini, poi la carne, poi la pelle. Ma in loro non c'è ancora alito di vita! Alla Parola di Dio, il soffio entra in loro, poi la Vita, e loro si alzano in piedi – un esercito immenso. Ecco un ritratto chiaro di Israele infine radunato, ma che non conosce ancora lo Spirito del loro Redentore e Messia, Gesù, che dà vita.

Di nuovo: la restaurazione nazionale precede chiaramente la rigenerazione spirituale. La chiamata del nostro Signore per partecipare all'opera santa dell'Aliyah è di nuovo evidente. Ma quello che è ugualmente ovvio è che Dio stesso che rende possibile la rigenerazione spirituale totale e dà la nuova vita a coloro che sono raccolti secondo la Sua perfetta puntualità.

3. L'evangelizzazione di Dio
Guardando a Israele, molti citano il grande mandato di Gesù, ma non ricordano l'altra Parola del Signore: «Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri.» (Giovanni 13:35)

Oggi un'enorme folla di cristiani ignora virtualmente la storia della chiesa e del popolo ebreo. Sono completamente inconsapevoli che per 2000 anni gli ebrei hanno subito pogrom devastanti, discriminazioni, persecuzioni, genocidi, e l'Olocausto – tutto ciò per mano di persone che si professavano cristiane.

L'esperienza di centinaia dei nostri volontari che lavorano con Operazione Esodo è che solo l'Amore Agape Divino che proviene dal servizio amorevole e premuroso è in grado di rivelare il Cuore del nostro Messia Gesù ad ebrei timorosi e diffidenti. Col cuore di un servitore e nell'amore silenzioso, i giovani ‹pescatori› percorrono fiumi, attraversano foreste e paludi per trovare remoti villaggi di ‹dispersi›. Lentamente, ma ininterrottamente, questi figli d'Israele spaventati avvertono l'amore divino in ogni persona che incontrano durante il loro percorso fino alla nave o all'aereo. Infine molti esclamano: «Io non sapevo che ci fossero dei cristiani come voi – così pieni d'amore e di compassione!» Sovente il volontario può condividere il suo grande amore per il nostro Signore, e il cuore indurito dall'esperienza ridiventa recettivo.

Ora, alla luce di Ezechiele 36 e 37 che abbiamo appena visto, il suolo è preparato, dei cuori sono divenuti teneri verso il nostro Gesù. Poi sta al nostro Padre celeste di lavarli con acqua chiara, dar loro un cuore nuovo, effondere il Suo Spirito Santo e dare una nuova vita a ognuno di loro.

4. La fedele promessa di Dio
Nella lettera ai Romani Paolo testimonia della presente durezza di cuore, cecità di occhi, sordità di orecchie degli israeliti contemporanei.

Eppure, osserva Paolo, in Cristo Gesù, Dio mostrerà ancora misericordia e rimuoverà il velo (vedi Romani 11). E di nuovo in Ezechiele il nostro Dio promette a Israele: «E metterò in voi il mio spirito, e voi tornerete in vita. Vi porrò sul vostro suolo, e conoscerete che io, il Signore, ho parlato e ho messo la cosa in atto, dice il Signore.» (Ezechiele 37:14)

Colui che ha promesso è fedele! Come noi siamo fedeli nel raccogliere i Suoi eletti, Lui sarà certamente fedele nella redenzione delle loro anime.

Y Y Y

In conclusione, ai critici che pronunciano i loro giudizi su questo Santo Mandato, replichiamo gentilmente:

«Noi rispettiamo la vostra chiamata a predicare Cristo al popolo ebreo in questo tempo. Ma nel contempo, con umiltà e rispetto, vi chiediamo il vostro incoraggiamento nella preghiera e la vostra comprensione, mentre noi, con buona coscienza, seguiamo l'ordine del nostro Signore di compiere la Sua Santa Opera dell'Aliyah!»





Richard F. Gottier, presidente di EEF-USA




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Autore
Il dr. Richard F. Gottier è sovrintendente dell' "Ebenezer Emergency Fund International" (EEFI) e presidente dell'EEF degli Stati Uniti. È pure fondatore e presidente di "Zion Ministries" e pastore del "Good Shepherd Fellowship" a Point Harbour, nel North Carolina.

Pubblicazione
Prima pubblicazione: aprile 2004 - Ultimo aggiornamento: 28 July 2007

Homepage & Webmaster
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Link esterni
http://www.ebenezer-ef.org


http://www.benmelech.org/israele/aliyah-gottier-israele.htm

Questo è il primo capitolo del libro "Operazione Esodo", di Gustav Scheller

Questo è il primo capitolo del libro "Operazione Esodo", di Gustav Scheller (in fase di revisione)
Capitolo 1
Il crollo dell’Unione Sovietica


“Io sono Dio, e non ve n’è alcun altro.
Sono Dio e nessuno è simile a me,
che annunzio la fine sin dal principio,
e molto tempo prima predico
le cose non ancora avvenute.”

Isaia 46:9-10



Fu nel ristorante di un albergo in una regione dell’Inghilterra settentrionale che per la prima volta questi avvenimenti particolari attirarono la mia attenzione. Era l’ora di cena e presi posto all’unico tavolo rimasto libero. Mentre aspettavo che la cena fosse servita, appresi che il signore al tavolo di fronte era un medico credente.

“Sono appena tornato da Israele,” mi raccontò. Aguzzai le orecchie. Quella primavera del 1982 mia moglie Elsa ed io avevamo appena ultimato dieci settimane di studi biblici nel suggestivo Istituto Cristiano di Bradenton, in Florida: lì i nostri occhi erano stati aperti sulle promesse di Dio per il popolo ebreo. Sebbene non comprendessi pienamente il perché, sentivo che Elsa ed io saremmo dovuti andare in Israele. Mi ritirai dunque in questo albergo per alcuni giorni alla ricerca di ulteriori direttive dal Signore.

“Ho preso parte alla Festa delle Capanne a Gerusalemme,” proseguì il medico, “e ho sentito un uomo, Steve Lightle, raccontare la visione straordinaria che il Signore gli ha dato del prossimo esodo degli Ebrei dall’Unione Sovietica.”

Ci mancò poco che balzassi dalla sedia. Il medico fu sorpreso del mio entusiasmo, ma quella stessa affermazione l’avevo appena letta nei profeti, e adesso lui mi diceva che questo si stava avverando!

Non avrei avuto pace finché sarei riuscito ad arrivare a Gerusalemme per trovare Steve Lightle. Così pregai: “Signore, se quest’uomo si trova ancora in Israele, permettimi di incontrarlo. Voglio saperne di più della sua visione.”

***

Due settimane dopo, Elsa ed io arrivammo all’aeroporto Ben Gurion e prendemmo un taxi che ci portò direttamente al nostro albergo a Gerusalemme. La mattina seguente molto presto, durante una passeggiata, mi chiesi come avremmo potuto trovare Steve. Sapevo che era stato direttore europeo di Full Gospel Businessmen Fellowship International (Movimento Internazionale degli Uomini d’Affari del Pieno Vangelo). Non lo conoscevo personalmente, ma l’avevo sentito parlare una volta ad un convegno mondiale a New Orleans, davanti ad un pubblico di 8'000 persone. Con il suo naso caratteristico e i capelli grigi riccioluti era facile intuire che era Ebreo.

Proprio in quell’istante, con grande sorpresa, vidi dall’altra parte della strada, un uomo che gli somigliava. Mi misi a gridare per coprire il rumore del traffico: “Steve! Steve!” Lui si girò verso di noi, ma non conoscendoci continuò a camminare.

“Oh no, Steve, tu non ci conosci, ma noi conosciamo te e dobbiamo incontrarti!” Elsa ed io attraversammo la strada di corsa e lo raggiungemmo: fu proprio lui la prima persona che incontrammo in Israele! “Vorremmo saperne di più della tua visione,” gli dissi, e ci accordammo per incontrarci a cena la sera seguente.

Fu una serata molto appassionante. Elsa ed io ci dimenticammo di mangiare mentre Steve raccontava quello che gli era accaduto durante un digiuno di sei giorni nel 1974. “La potenza di Dio scese in quella stanza: fu talmente intensa che non riuscivo a staccarmi dal pavimento… L’ultimo giorno mi alzai e mi sedetti su una grossa sedia superimbottita. Vidi uno schermo gigante con una moltitudine di volti di Ebrei. Erano tantissimi, centinaia di migliaia! Si radunavano insieme e si muovevano in massa: riuscivo a vedere i loro volti proprio come in questo momento vedo voi davanti a me. Poi vidi la nazione in cui si trovavano, era l’Unione Sovietica: riuscivo a scorgere i confini di quella terra. Osservavo tutta questa scena: era qualcosa di nuovo per me, non avevo mai esperimentato una cosa del genere.”

“Poi arrivarono tutti insieme in un posto e lì apparve una grande strada che Dio stesso costruiva e percorreva. Nessuno poteva immettersi su quella strada tranne questi Ebrei e coloro a cui il Signore lo permetteva. Così cominciarono a percorrere questa strada e ad uscire dal paese. Allo stesso tempo Dio suscitava delle persone con dei ministeri altrettanto grandi, o persino più imponenti di quello di Mosè, che andavano dalle autorità dell’Unione Sovietica e proclamavano davanti a loro: ‘Così dice il Signore, il Dio d’Israele: Lasciate andare il mio popolo!’”

“Le autorità si rifiutavano e non davano loro il permesso: i loro cuori erano induriti e non volevano lasciar andare il Suo popolo. Poi le profezie cominciarono ad avverarsi, e piaghe e giudizi cominciarono a colpire l’Unione Sovietica, al punto tale da mettere in ginocchio l’intera nazione. Allora le autorità espulsero semplicemente tutte queste persone mandandole su quella strada. Dio l’aveva costruita e centinaia di migliaia di Ebrei cominciarono ad uscire dal paese.”

Tutto questo sembrava incredibile, ma Elsa ed io avevamo già cominciato a cogliere dei cenni di conferma nelle Scritture. Sapevo di aver bisogno di apprendere ancora molte cose e, dopo che Elsa fece ritorno in Inghilterra per accudire i nostri figli, decisi di restare nel paese per qualche altra settimana. Steve e sua moglie Judy mi invitarono gentilmente a stare a casa loro, a Ein Kerem, il luogo dove nacque Giovanni Battista.

Steve era una persona esuberante, con una risata contagiosa, e traboccava di gioia nel Signore. Quando eravamo seduti tutti a tavola in cucina, invece di leggere il giornale, Steve leggeva alla sua famiglia la parola di Dio ad alta voce. Erano momenti bellissimi, momenti per imparare e crescere nella Parola. Scoprii che il raccolto finale del popolo ebreo era stato predetto da tutti i maggiori profeti, e che appare in oltre un centinaio di passaggi biblici (vedere l’Appendice 3), con un’enfasi speciale sul ritorno dalla “terra del nord” (vedere Geremia 3:18, 16:15, 23:8, 31:8 e Zaccaria 2:6).

Poi lessi in Isaia 49:22 che i gentili avrebbero portato a casa i figli e le figlie del popolo ebreo. Stavo seduto a leggere e improvvisamente mi resi conto: “Tu sarai parte di tutto questo.” Ero elettrizzato!

Negli ultimi nove anni Steve aveva parlato pubblicamente di questa sua visione soltanto poche volte. Aspettava sempre che il Signore lo guidasse, altrimenti non avrebbe intrapreso alcun passo. Adesso, però, sentiva che era arrivato il momento di divulgare la visione in maniera estesa, e mentre lo osservavo mi resi conto che gli era stato affidato un messaggio per la Chiesa.

“Un giorno incontrai un uomo di nome David Pawson,” mi raccontò. David è un pastore e un insegnante biblico molto conosciuto in Inghilterra. “Mi guardò e mi disse: ‘Steve, Dio ha una chiamata per la tua vita. Tu hai un ruolo profetico da adempiere e devi obbedire a Dio.’”

“Ti dirò una cosa: nel mio Spirito è stato come se qualcuno mi avesse afferrato e avesse cominciato a scuotermi. È stata una cosa molto potente.”

Invitai Steve a Bournemouth, la città costiera meridionale situata a due ore di strada da Londra, dove Elsa ed io vivevamo e dov’era situata anche la base della mia società. Tornato in Inghilterra, mentre scorrevo la mia agenda con gli impegni, vidi che l’unico giorno libero era quello dell’Ascensione, il 12 maggio 1983. “Signore,” dissi, “penso che dovremmo avere un incontro aperto al pubblico.” Sentii in qualche modo che dovevamo affittare la Sala Comunale, una delle più grandi sale della città che poteva contenere fino a 1'000 persone.

Così dissi a Beverley, la mia segretaria: “Prova a vedere: se riusciamo ad ottenere la Sala Comunale, lo prenderemo come un segno che ciò viene dal Signore.”

Di lì a poco fece ritorno nel mio ufficio: “Sì, possiamo avere la Sala Comunale.”

Feci una prenotazione provvisoria, ma poi cominciai a dubitare. I cristiani nella nostra zona sapevano ben poco su Israele. A quel tempo l’idea di riempire una sala per un incontro sul ritorno in patria degli Ebrei era una cosa inaudita. “Signore, cosa sto facendo?” pensai. “Avremo bisogno di far arrivare almeno 1'000 persone e farò la figura dello stupido se porto Steve in una sala mezza vuota.”

“Signore,” continuai, “se questa è la Tua volontà, allora per favore Ti chiedo di fare in modo che qualcuno mi telefoni per darmi una parola dalla Scrittura come conferma.”

Avevo l’opzione che mi permetteva di mantenere la prenotazione della sala per due settimane prima di effettuare il pagamento. Ogni giorno mi aspettavo che succedesse qualcosa, ma non accadeva nulla. La domenica sera prima della scadenza di questa prenotazione, rimasi nel mio studio fino a mezzanotte. Pensavo che il telefono avrebbe dovuto squillare da un momento all’altro. Ero certo che avremmo ricevuto una conferma.

Ma il telefono non squillò, e infine, a mezzanotte, annunciai ad Elsa: “Per prima cosa, domani mattina cancellerò la prenotazione della Sala Comunale. Andremo in una chiesa e faremo una riunione più ristretta.”

La mattina seguente di buon'ora, proprio mentre mi alzavo dal letto, il telefono squillò. Era una signora che non conoscevo bene, ma che rispettavo come una donna veramente devota al Signore. Mi disse: “Gustav, ho una parola da parte del Signore per te. Sono stata in preghiera a proposito della Sala Comunale: vorresti dare un’occhiata a Romani 10:15?”

Lessi la Scrittura:

“E come predicheranno se non sono mandati? Come sta scritto: quanto son belli i piedi di quelli che annunziano buone novelle!”

Fu una sorpresa totale. Rimasi meravigliato e molto sollevato. Quella mattina, pieno di gioia, confermai la prenotazione della Sala Comunale e pubblicizzai l’evento nelle chiese locali.

La sera prima dell’incontro, quando tornai a casa dall’ufficio, Elsa mi accolse sulla porta: “Abbiamo appena ricevuto una telefonata dalla Svizzera!” Nostro figlio maggiore Martin viveva lì con sua moglie Debra, e dall’espressione sul volto di Elsa capii che era successo qualcosa di grave.

“Martin ha avuto un collasso mentre era al lavoro!” continuò. “Ha dovuto essere ricoverato d’urgenza in ospedale per un intervento!”

Rimasi senza parole: fu un vero shock. Non sapendo esattamente cos’era successo, eravamo profondamente turbati. Forse era stato un infarto. Il nostro primo pensiero fu che uno di noi doveva partire immediatamente. Steve, che era ospite a casa nostra, era meno agitato. Naturalmente non era suo figlio, ma lui era certo che si trattasse di un attacco spirituale dovuto all’incontro che stava per avere luogo.

Il giorno seguente ci riunimmo in casa nostra con altri che avrebbero aiutato quella sera nella Sala Comunale. Ci inginocchiammo in preghiera. Dopo un certo tempo aprii gli occhi. Tutte le 25 persone presenti nella stanza erano in ginocchio o distese con la faccia a terra davanti al Signore. Fu un incontro di preghiera molto potente. Ricevemmo due parole specifiche per noi:

“Vostro figlio guarirà nel giro di pochi giorni e voi accenderete un fuoco per il ritorno degli Ebrei, che si propagherà in lungo e in largo sulle Isole Britanniche.”

Elsa ed io ricevemmo la pace del Signore di rimanere in Inghilterra e proseguire con la riunione. Quella sera alla Sala Comunale rimanemmo allibiti. Era occupata fino all’ultimo posto. Molte persone avevano viaggiato per ore per poter partecipare. L’atmosfera era carica di aspettativa.

“Stasera il Signore è qui con noi,” dissi dal podio prima di presentare Steve. “Non vorrei trovarmi in nessun altro posto che non sia nelle Sue mani e con il Suo popolo!”

Steve fece il suo ingresso sul palco e cominciò ad esporre la sua visione, così come l’avevamo sentita la prima volta a Gerusalemme. Ad un certo punto si fermò.

“Voglio dirvi che se qualcuno di voi vuole andarsene, è certamente libero di farlo ora. Se non ve ne andate, però, sarete altrettanto responsabili verso ciò che sentirete di quanto lo sono io!”

Trascorsero cinque secondi: si sarebbe potuto sentire uno spillo cadere per il silenzio che c’era. Nessuno si mosse.

“Per quanto ne sappia, oggi è la prima volta che questo messaggio viene condiviso pubblicamente nel Regno Unito, e vi dirò una cosa: attraverserà tutta la vostra nazione… andrà ad ogni persona nel paese così che nessuno, proprio nessuno, potrà mai dire che un tale evento sia stato semplicemente una strana casualità della storia. No! Tutti sapranno quello che Dio sta per fare. Voglio leggervi una serie di riferimenti biblici tratti da Geremia 23. All’entrata ognuno di voi ha ricevuto una lista di molte Scritture che parlano del grande ritorno del Suo popolo – Deuteronomio 30, Isaia 11, 35, 43, Geremia 3, 16, 23, 30, 31, Ezechiele 36-39, Sofonia 3. Dobbiamo comprendere ciò che Dio vuole fare negli ultimi giorni.

Perché questo evento è così profetico per noi che siamo qui stasera? Perché negli ultimi giorni gli Ebrei che si trovano nell’Unione Sovietica hanno un significato così profetico per Dio? Perché Dio sta cominciando a metterli sui cuori dei credenti di tutto il mondo? E non solo dei credenti, perché ora incontro anche degli Ebrei a cui Dio ha parlato rivelando ciò che sta per fare con gli Ebrei dell’Unione Sovietica.”

“E raccoglierò il rimanente delle mie pecore da tutti i paesi dove le ho cacciate, e le ricondurrò ai loro pascoli e saranno feconde e moltiplicheranno. E costituirò su di loro dei pastori che le pastureranno ed esse non avranno più paura né spavento, e non ne mancherà alcuna, dice il Signore.

Ecco, i giorni vengono, dice il Signore, quando io farò sorgere a Davide un Germoglio giusto, il quale regnerà da re e prospererà, e farà ragione e giustizia nel paese. Ai suoi giorni, Giuda sarà salvato, e Israele starà sicuro nella sua dimora: e questo sarà il nome con il quale sarà chiamato: ‘Il Signore, nostra giustizia.’” (Geremia 23:3-6)

Steve proseguì: “Cosa ci sta dicendo il profeta? Ci dice: ‘Ascoltate! Nella storia del mondo sta arrivando un giorno in cui Dio raccoglierà il Suo popolo dell'antico patto, gli Ebrei, e lo riporterà dai quattro angoli della terra. E quando lo avrà radunato, ed esso avrà fatto ritorno nella sua terra, allora il Signore farà sorgere il Germoglio giusto.’ Egli verrà non più come un Agnello portato allo scannatoio, ma come il Re dei re e come il Signore dei signori!

Fratelli e sorelle, quella sarà la seconda venuta del Signore Gesù, e quando Lui ritornerà, tutti gli Ebrei del mondo, da tutti i paesi in cui li ha dispersi, saranno tornati in Israele. Lui non tornerà in una terra dove non c’è il Suo antico popolo: quando Lui ritornerà la terra d’Israele sarà abitata dal Suo popolo, gli Ebrei. Poiché questo sarà l’adempimento della profezia di Zaccaria al capitolo 12, verso 10: “Essi guarderanno a me, a colui che essi hanno trafitto,” e ci sarà grande pianto a motivo di questo – ma vi dico che poi si trasformerà in lacrime di gioia. Voi vedrete un’esplosione che soltanto Dio può orchestrare per mezzo del Suo Spirito Santo.

Ora, come posso permettermi di fare un’affermazione così audace? Dio agisce in modo profetico. Prima che arrivasse Gesù, ci fu un uomo chiamato Giovanni Battista che fu una voce che gridava nel deserto: “Preparate la via del Signore!” Lui era la preparazione profetica per il Messia che doveva venire. Quando Gesù ritornerà, ci sarà nuovamente una preparazione profetica, e questa è il ritorno degli Ebrei da tutto il mondo. Ma avrà inizio in una nazione specifica. Come facciamo a saperlo? Andiamo al verso 7: “Perciò…” è una congiunzione che si riferisce ai versi precedenti.

Perciò, ecco, i giorni vengono, dice il Signore, in cui non si dirà più: ‘Per la vita del Signore che condusse i figli d’Israele fuori dal paese d’Egitto’, ma: ‘Per la vita del Signore che ha portato fuori e ha ricondotto la discendenza della casa d’Israele dal paese del settentrione e da tutti i paesi nei quali io li avevo cacciati!’ Ed essi abiteranno nel loro paese.” (Geremia 23:7-8)

Oggi c’è soltanto una nazione a nord di Israele dove vive un considerevole numero di Ebrei: è l’Unione Sovietica. In base alle ultime stime lì ci sono 2'100'000 Ebrei. Dio darà un’opportunità alle nazioni del mondo di benedire il Suo popolo, aiutandolo a tornare in Israele e non importa in quale nazione si trovi. Questo è il motivo per cui siamo qui stasera. Se il vostro cuore è aperto all’ascolto della verità di Dio, prendete questi versi, andate nella vostra cameretta di preghiera e dite: ‘Dio, è vero tutto questo?’”

Dopo il messaggio di quella sera nessuno di noi fu più lo stesso. Molti presenti non avevano mai sentito parlare di quello che la Bibbia dice riguardo al ritorno degli Ebrei. “La spiegazione di queste Scritture è stata una rivelazione che mi ha aperto gli occhi: dovevo averle lette senza comprenderle!” disse una donna. Israele era semplicemente un argomento non trattato nelle nostre chiese. Avevamo sempre pensato ai passaggi biblici riguardanti Israele soltanto come ad insegnamenti allegorici da applicare nelle nostre vite personali.

Il fuoco promesso si era già acceso e quando il giorno dopo Elsa partì per la Svizzera, trovò nostro figlio che si era già ripreso da quella che era stata, secondo il parere dei medici, una crisi polmonare.

***

Steve ed io ci mettemmo insieme e cominciammo a viaggiare per portare questo messaggio alla Chiesa del Regno Unito. Ho un ricordo nitidissimo di quei giorni. “È arrivato il momento in cui qualcuno deve cominciare a far capire alle autorità dell’Unione Sovietica ciò che dice la Parola di Dio!” dichiarava Steve dovunque andassimo. “O piegano le loro ginocchia davanti a Dio, o Lui farà calare i Suoi giudizi – l’una o l’altra cosa!” In seguito a una conferenza stampa al Parlamento Finlandese, il servizio internazionale della BBC trasmise questa rivendicazione che fece il giro del globo. Uno dei principali quotidiani sovietici la derise scrivendo nei titoli di testa: “Dio mette la Russia in ginocchio.”

Persino gli stessi credenti ci guardavano a volte con gli occhi sbarrati durante questi incontri e pensavano che fossimo dei personaggi un po’ ridicoli. Nel 1983 sembrava impossibile credere che il comunismo potesse cadere e che gli Ebrei sarebbero stati lasciati andare: era il culmine della Guerra Fredda. L’Unione Sovietica era all’apice della sua potenza militare e influenza mondiale, e stava espandendo il suo dominio in nazioni come l’Afghanistan, il Nicaragua e l’Angola. Solo sei mesi prima del nostro incontro nella Sala Comunale, dopo la morte di Leonid Breznev, un energico Yuri Andropov aveva preso in mano le redini del potere. Egli era stato alla guida del KGB per 15 anni e aveva diretto personalmente le vessazioni e gli arresti degli Ebrei che volevano emigrare.

Nessuno di noi si rendeva conto che gli ingranaggi dei giudizi divini avevano già cominciato a girare. Dal 1979 il raccolto del grano nell’Unione Sovietica aveva raggiunto proporzioni talmente disastrose che le autorità avevano semplicemente smesso di comunicarne i dati. Piogge torrenziali rovinavano le colture; poi, temperature elevate con tempo secco impedivano lo sviluppo delle piante nella stagione calda; quindi, al tempo del raccolto tornavano le forti piogge che buttavano a terra le colture, lasciando inzuppate fradice quelle che ancora restavano in piedi. A Mosca, lo storico marxista Roy Medvedev, in un articolo in prima pagina dal titolo “Perché i Russi non riescono a far crescere il grano” trasse la conclusione che “nell’agricoltura il 50% dell’esito dipende da Dio”.

Stava succedendo l’impensabile: una superpotenza moderna e industrializzata si ritrovava ad affrontare la fame. La popolazione fu avvisata di conservare delle riserve. Per prevenire la carestia, i dirigenti sovietici furono costretti a spendere quasi metà dei loro guadagni annuali di valuta forte per importare cibo – proprio mentre negli Stati Uniti, sotto il governo di Ronald Reagan, si stava realizzando un cospicuo rialzo di investimenti negli armamenti. Messa alle strette da tutte le parti, l’Unione Sovietica si trovava sull’orlo della bancarotta.

Poi una mattina, 15 mesi dopo l’ascesa al potere di Andropov, Mosca si risvegliò con la musica funebre alla radio. Dopo ore di speculazioni fu annunciata al mondo la scomparsa di Andropov, nonostante le recenti rassicurazioni del Cremlino sulle sue buone condizioni di salute. Gli succedette Konstantin Cernenko, di 72 anni, più giovane comunque di un anno della sua controparte americana, il presidente Ronald Reagan.

Tredici mesi dopo, al posto di una commedia che stava andando in onda, alla radio di Mosca tornò a farsi sentire la solita musica. Il pomeriggio seguente arrivò la notizia sorprendente che anche Cernenko era morto. Breznev, Andropov e Cernenko erano deceduti uno dopo l’altro in meno di due anni e mezzo. Fino a quel momento, la permanenza in carica di un segretario generale era stata in media di circa 20 anni! La scomparsa dei due capi di governo di minor durata in carica della storia russa spianò la via all’ascesa lampo di un uomo più giovane e meno conosciuto di nome Mikhail Gorbaciov.

***

Durante questo periodo Steve ed io, insieme ai leader internazionali d’intercessione Johannes Facius e Kjell Sjöberg, convocammo una conferenza a Gerusalemme perché i credenti pregassero per Israele e per il rilascio degli Ebrei sovietici. Fu concordato che Steve, Johannes e altri due intercessori avrebbero fatto un viaggio di preghiera attraverso l’Unione Sovietica in aprile, con lo scopo di preparare la via per il prossimo esodo. Era un puro esercizio di fede. In quel tempo il permesso di emigrare veniva concesso soltanto ad un massimo di 100 Ebrei al mese. Oltre 360'000 che avevano osato fare richiesta si erano visti rifiutare il permesso, anche se il partito comunista dichiarava invece al mondo che tutti coloro che volevano andarsene erano già partiti. Anatoly Sharansky, responsabile per il movimento dell’emigrazione, stava trascorrendo il suo settimo anno in un campo di lavoro forzato con l’accusa di “tradimento e rivolta antisovietica”.

Gli intercessori arrivarono il mese successivo all’entrata in carica di Gorbaciov e viaggiarono per tutti i principali centri di maggiore concentrazione di popolazione ebraica dell’Unione Sovietica. In ogni luogo in cui andarono, fecero un giro intorno ad almeno una delle molte statue gigantesche di Lenin, pregando e proclamando la caduta di questo idolo. Cercarono tutti i punti strategici di traffico in uscita – aeroporti, stazioni ferroviarie, porti – e pregarono che il Signore li aprisse per il rilascio degli Ebrei in Israele. Nel porto ucraino di Odessa, sul Mar Nero, scesero lungo l’enorme scalinata Potemkin, che conduce dalla città giù al porto, e la percorsero lentamente pregando. Arrivati in fondo, si girarono e risalirono per le scale facendo la stessa cosa, scontrandosi quasi con la coda degli agenti del KGB che li stavano seguendo.

A quell’epoca questo genere di combattimento spirituale sul posto era piuttosto insolito. Di ritorno al loro albergo, mentre sorseggiavano un caffè, gli uomini si fecero qualche risata, ammettendo di essersi sentiti un po’ sciocchi per quello che stavano facendo. “Cosa speriamo di ottenere con tutto questo?” chiese Johannes, la cui fede vacillava. Una volta tornato a casa, anche altri nella sua chiesa condivisero il suo scetticismo.

Infatti, durante i suoi primi nove mesi come segretario generale, Gorbaciov si dimostrò ostinato tanto quanto i suoi predecessori riguardo agli Ebrei. Ai giornalisti della televisione francese che erano venuti ad intervistarlo aveva detto che nell’Unione Sovietica gli Ebrei godevano di più ‘diritti politici e altri privilegi’, che in qualunque altro paese, e snocciolò la consueta linea di partito secondo la quale soltanto coloro che “conoscevano importanti segreti di stato” non potevano lasciare il paese. Messo poi a confronto sulla questione di Anatoly Sharansky, Gorbaciov dichiarò che “aveva infranto le leggi della nazione ed era stato condannato dalla corte per questo reato”.

Alla fine dell’anno Steve e Johannes ritornarono nell’Unione Sovietica, questa volta con un gruppo di 13 intercessori provenienti da Francia, Svezia, Finlandia, Stati Uniti e Germania. La loro missione consisteva nel proclamare il giudizio sul “faraone” che ancora si rifiutava di lasciar andare il popolo di Dio. Credevano che l’Unione Sovietica fosse ormai entrata in rotta di collisione con l’Onnipotente stesso, e che quindi la sua potenza dovesse essere spezzata perché aveva opposto resistenza all’adempimento della Sua Parola nei tempi stabiliti. “Sentiamo che Dio sta per mettere fine a tutto questo!” disse Johannes. Il gruppo si preparò con tre giorni di preghiera e digiuno in Finlandia, prendendo come tema il giudizio e la devastazione descritti in Geremia 51.

Nel freddo pungente del pomeriggio del 31 dicembre, all’esterno dell’ufficio di Gorbaciov a Mosca, proclamarono le parole che Samuele aveva detto a Saul: “Poiché tu hai rigettato la parola del Signore, anche Lui rigetta te come re. Oggi il Signore ti strappa il regno.”

Gli intercessori attraversarono poi la Piazza Rossa, camminando lungo le mura della fortezza del Cremlino e pregando nello Spirito. Un pastore finlandese indicò la cima di una torre sulla quale troneggiava una grossa stella rossa illuminata che si stagliava contro il cielo che imbruniva.

“Che significato ha?” domandò al gruppo.

“È il simbolo dell’uomo e della sua propria forza.” disse un fratello svedese, specializzato nelle ricerche sull’occultismo e la new age. “Il sistema comunista rappresenta la fiducia nell’uomo. I sovietici adorano la conquista scientifica, ma Geremia 17:5 dice: ‘Maledetto l’uomo che confida nell’uomo e che fa della carne il suo braccio.’”

Gli uomini continuarono a camminare e a pregare. “Ho la sensazione che quella stella stia per cadere!” disse uno di loro dopo alcuni minuti, e gli altri annuirono. “E accadrà molto presto.”

Quella sera il gruppo si riunì nell’albergo dove pernottavano. “Ascoltate quello che dice Apocalisse 8!” esclamò uno di loro, aprendo la sua Bibbia. “Una grande stella cadrà dal cielo: è proprio quello per cui abbiamo pregato oggi.”

A mezzanotte il gruppo si diresse verso il fiume Moscova accanto al Cremlino e, seguendo le istruzioni date in Geremia 51:59-64, un intercessore prese una Bibbia nella quale erano stati evidenziati alcuni versi sul giudizio, la legò ad una grossa pietra e la gettò in acqua, rompendo il sottile strato di ghiaccio che la copriva. “Così l’Unione Sovietica dovrà affondare e non rialzarsi dalla catastrofe che farò piombare su di lei!” dichiararono nel nome del Signore.

“Sembra tutto così pazzesco, impossibile da concepire per la mente umana, ma noi sappiamo che in tutto questo c’era la mano di Dio!” disse in seguito uno dei membri del gruppo.

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Quattro mesi dopo ci fu un avvenimento che ebbe delle ripercussioni scioccanti in tutta la nazione e nel mondo intero: l’esplosione e il conseguente incendio al reattore nucleare di Chernobyl, in Ucraina. L’incidente sprigionò nell’atmosfera, sulla superficie terrestre e sulle acque di ampie regioni delle radiazioni a lungo termine pari a tutte quelle rilasciate da tutti i test ed esplosioni nucleari eseguiti finora. I dirigenti locali e regionali del partito comunista cercarono di coprire questo fatto allontanando i propri figli, ma ordinando a quelli degli altri di prendere parte alla marcia per le celebrazioni del 1° maggio, anche se una nube radioattiva letale sovrastava la regione.

Migliaia di persone ebbero fortissime emicranie, tossirono e sputarono sangue. Soltanto quando la nube rilasciò la sua contaminazione sotto forma di pioggia sulla Polonia, sui paesi Scandinavi e oltre, la storia cominciò a trapelare. Finalmente centinaia di migliaia di residenti furono evacuati in modo definitivo dalla zona di Chernobyl – ma troppo tardi. Molti erano stati esposti alle radiazioni talmente a lungo che morirono nel corso degli anni seguenti, così come un numero imprecisato dei 600'000 operai che furono inviati alla centrale nel massiccio tentativo di decontaminazione. Quando venne a galla tutta la verità, la maschera fu strappata dalla faccia dei vertici del partito comunista e, più di qualunque altro fattore, fece perdere alla popolazione la fiducia nel sistema sovietico.

Un’enorme fascia della migliore zona agricola e delle riserve d’acqua dell’Unione Sovietica rimase contaminata. Nel fallimentare tentativo di impedire la contaminazione delle falde acquifere, furono scavati dei pozzi molto profondi intorno a Chernobyl e dagli aerei sparsero dei trattamenti chimici sulle nuvole per limitare le precipitazioni radioattive. Kiev, la terza città dell’Unione Sovietica, situata poco più di 100 chilometri a sud del luogo del disastro, fu costretta a mettere in piedi una riserva d’acqua alternativa. A causa della contaminazione dei laghi, il consumo di pesci d’acqua dolce in Finlandia fu limitato, e una maggiore radioattività fu individuata persino nelle precipitazioni sulle coste orientali degli Stati Uniti.

Poi, a pochi mesi di distanza dal disastro, arrivò una notizia sensazionale riportata sulla prima pagina del New York Times del 26 luglio 1986, in un dispaccio da Mosca:

“Un noto scrittore russo ha recentemente mostrato una vecchia Bibbia lacerata, e, con mano esperta, ha aperto le pagine del libro dell’Apocalisse, dicendo: ‘Ascoltate! Questo ha dell’incredibile!’

‘Poi il terzo angelo sonò la tromba e dal cielo cadde una grande stella, ardente come una torcia, che piombò su un terzo dei fiumi e sulle sorgenti delle acque. Il nome della stella è Assenzio; e un terzo delle acque diventò assenzio. Molti uomini morirono a causa di quelle acque, perché erano diventate amare.’

In un dizionario ha mostrato la parola ucraina per assenzio: chernobyl, un’erba amara selvatica che viene usata come tonico nelle zone rurali della Russia.

Lo scrittore, un ateo, non fu l’unico a mettere in relazione questo riferimento apocalittico con la stella chiamata ‘chernobyl’. La scoperta si diffuse in tutta la nazione sovietica con una velocità fuori dal comune.”

Nessuno, tranne Dio, conosce la connessione tra quel verso nell’Apocalisse e il disastro di Chernobyl, tra l’intercessione della Chiesa e il disastro che ha colpito l’Unione Sovietica, ma non c’è alcun dubbio sul significato di Chernobyl. “Ci ha scossi profondamente,” disse Gorbaciov, anni dopo, ricordando quell’evento. “È stato un punto di svolta.” Il suo risultato fu la “glasnost” (trasparenza) affiancata alla “perestrojka” (ristrutturazione), che dovevano segnare la nuova via per affrontare la crescente crisi economica dell’Unione Sovietica.

Le porte di ferro che tenevano rinchiusi gli Ebrei avevano cominciato ad essere scosse e ci ricordammo le parole di Steve all’incontro nella Sala Comunale: “Nessuno, proprio nessuno, potrà mai dire che un tale evento sarà stato semplicemente una strana casualità della storia!”





“Ecco, io leverò la mia mano verso le nazioni,
alzerò la mia bandiera verso i popoli,
ed essi ti ricondurranno i tuoi figlioli in braccio,
e ti riporteranno le tue figliole sulle spalle.”
Isaia 49:22




Gli autori
Gustav Scheller
Gustav Scheller nacque in Svizzera nel 1929. Arrivò in Gran Bretagna alla fine degli anni ’50 per fondare una compagnia di viaggi. All’apice dello sviluppo, la sua compagnia aveva uffici a Londra ed Edimburgo, in Svizzera e a Tokyo.

Nel 1982, mentre con la moglie frequentava l’Istituto Biblico negli Stati Uniti, il Signore rivelò a Gustav il Suo piano per il ritorno del Suo popolo eletto nella Terra Promessa. Nel mezzo della Guerra del Golfo del 1991, durante una Conferenza Internazionale di Preghiera, il Signore parlò a Gustav dicendogli che era arrivato il momento di portare a casa il Suo popolo dall’Unione Sovietica che stava ormai disgregandosi. Nacque così l’ “Ebenezer Emergency Fund”. Credenti da tutto il mondo hanno risposto al suo appello, sia con il sostegno della preghiera che con quello finanziario. “Ebenezer” viene menzionato nel libro di Samuele e il significato di questo nome è “fin qui il Signore ha dato il Suo aiuto” – questa è anche la nostra testimonianza, perché senza il Suo aiuto non possiamo fare nulla.

L’opera di “Ebenezer Emergency Fund” si è estesa, e nel 2003 ha ultimato il suo 150° viaggio per nave, aiutando oltre 100'000 Ebrei provenienti da ogni parte dell’ex Unione Sovietica, a tornare a casa. Il Signore ha mostrato che noi siamo chiamati a riportare a casa i Suoi figli e le Sue figlie dalle estremità della terra. Perciò i team di Ebenezer vanno alla ricerca degli Ebrei che si trovano in alcune delle zone più remote dell’ex Unione Sovietica per aiutarli a raggiungere la Terra Promessa.

Scheller è stato richiamato alla presenza del Signore il 18 febbraio del 2000.

Jonathan Miles
Nel 1990 Jonathan Miles arrivò dagli Stati Uniti in Israele come giornalista. All’inizio era interessato soltanto ad aiutare gli Ebrei provenienti dall’ex Unione Sovietica. Un giorno un amico cristiano lo portò a visitare la striscia di Gaza. “Fui impressionato vedendo le grandi attrezzature e capacità mediche disponibili in Israele, e gli immensi bisogni dei suoi vicini. Il trattamento che poteva salvare la vita di molti bambini ammalati era disponibile a pochi chilometri da lì. Se volevamo essere fedeli a Gesù dovevamo lasciarci coinvolgere per aiutare quei bambini a trovare le cure mediche necessarie.”

Così Miles si trasferì a Gaza portando moglie e figli. Fondò un ministero chiamato “Luce per le Nazioni” che organizza operazioni al cuore per bambini arabi e poveri nei migliori ospedali d’Israele. Con un appoggio finanziario dall'estero, medici e chirurghi israeliani estremamente cooperativi hanno potuto salvare centinaia di vite operando gratuitamente.

A causa del conflitto israelo-palestinese e del costante pericolo a cui era sottoposta la sua famiglia, Miles fu costretto a lasciare la striscia di Gaza e trasferirsi a Gerusalemme, continuando da lì i viaggi per cercare i bambini bisognosi e portarli in ospedali di Tel Aviv e Gerusalemme.

Attraverso il fondo d’aiuto, Miles è divenuto un autentico riconciliatore fra famiglie musulmane disperate a Gaza e personale medico ebreo qualificato in Israele. Il dottor Sion Houri, direttore del reparto pediatrico di cure intense, afferma che “qui possiamo vedere delle svolte positive perché abbiamo relazioni eccellenti con il 99,9 percento delle persone che sono state qui”. Durante le cure ospedaliere si sviluppano legami tra famiglie palestinesi e israeliane. Miles: “È pura gioia vedere quello che accade con le famiglie qui nell'ospedale! Queste giovani madri non sono mai state in Israele, arrivano con apprensione. Hanno sentito ogni genere di cose terribili, particolarmente durante gli ultimi anni. Ma alla fine vengono da me e mi dicono: ‘Sapeva che ci hanno curato esattamente come i bambini israeliani? Nessuna differenza!’”



Autore
Gustav Scheller (1929-2000).
Usato con il permesso di "Ebenezer Emergency Fund" - Svizzera.

Osservazioni Nel corso del 2004 verrà ultimata la traduzione del libro, che sarà così disponibile per il pubblico.
Pubblicazione
Prima pubblicazione su internet 26.12.2003 - Ultimo aggiornamento 06.04.2009

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