ARTICOLI SULLA VITA E LA STORIA DEL POPOLO EBRAICO

giovedì 28 maggio 2009

"Usa non dettino nostra politica"

"Usa non dettino nostra politica"
Replica ministro Israele a Obama
Il governo israeliano non consentirà agli Stati Uniti di dettare la sua politica, e "la costruzione degli insediamenti non sarà fermata". A sostenerlo, dopo che Obama aveva chiesto a Israele di bloccare le costruzioni negli insediamenti cisgiordani, è il ministro israeliano per gli Affari strategici, Moshe Yaalon. "Gli insediamenti non sono la ragione del fallimento del processo di pace, non sono mai stati un ostacolo, in nessuna fase", ha detto.

"Anche quando Israele si è ritirato dai territori palestinesi - ha proseguito il ministro - il terrorismo è continuato. Anche quando abbiamo smantellato le colonie nella Striscia di Gaza ciò che abbiamo avuto è stato un Hamastan (termine spregiativo, derivante da Hamas e dal termine persiano -stan, che significa casa o territorio; quindi Paese di Hamas, ndr)".

Yaalon, ex capo di stato maggiore dell'esercito israeliano, ha comunque ribadito che il governo smantellerà gli insediamenti illegali in Cisgiordania, come annunciato nei giorni scorsi.



http://www.tgcom.mediaset.it/mondo/articoli/articolo450528.shtml

Festività di Shavuoth 5769 (29-30 maggio 2009)


Festività di Shavuoth 5769 (29-30 maggio 2009)


“Celebrerai la festa dell’Eterno, del tuo Dio, mediante offerte volontarie che presenterai nella misura delle benedizioni che avrai ricevuto dall’Eterno tuo Dio” (Dt 16, 19).

La festa di Shavuoth cade quest’anno i 29 e 30 maggio 2009.
E’ celebrata 50 giorni dopo Pesach e costituisce una delle tre feste di pellegrinaggio (con Sukkoth e Pesach).
E’ la festa delle offerte per eccellenza, chiamata anche Yom ha-bikkurim, “giorno delle primizie”, perché era il giorno in cui, da tutto il paese, ci si recava al Tempio di Gerusalemme per offrire al Santuario le primizie dei campi.
Durante tutte e tre feste di pellegrinaggio la popolazione maschile di Israele – ma per Sukkoth il pellegrinaggio a volte era previsto anche per le donne e i bambini (Es 2) – partiva da ogni paese, da ogni villaggio, per portare al Tempio di Gerusalemme la propria offerta, a testimonianza della propria presenza e della propria fedeltà all’ordine divino.
Alle origini della festa
Di seguito alla distruzione del secondo tempio (70 dopo l’era cristiana), la festività si ricentra sulla commemorazione dell’Alleanza al Sinai, al dono della Torah e dei Dieci Comandamenti.
Dopo l’uscita dell’Egitto i figli d’Israele si diressero verso il paese di Canaan, e sette settimane dopo giunsero dinanzi al monte Sinai dove ricevettero l’ordine di lavare i propri abiti. Il terzo giorno, fra lampi e tuoni, il Signore parlò al popolo che però, dinanzi allo svolgimento della natura e della potenza della voce di Dio, fu preso da grande spavento.
Mosè ricevette allora da Dio l’ordine di recarsi da solo sulla cima del monte, dove rimase quaranta giorni e quaranta notti per ricevere le due tavole della Legge, o più esattamente, come dice il testo ebraico, “le due Tavole dell’Alleanza”, il Decalogo.
L’espressione comunemente usata, Dieci Comandamenti, è imprecisa in quanto il termine che si trova nella Torah, “assereth ha-dibberoth”, le “dieci parole”, assegna a quest’ultime il valore, piuttosto, di messaggi.
Ma il popolo, vedendo che Mosè dopo quaranta giorni non era ancora tornato, temette di essere stato abbandonato e con, l’oro ricevuto in dono dagli egiziani, si costruì un vitello d’oro a imitazione del Bue Api adorato da quest’ultimi.
Mosè, scese dal Sinai, vedendo il popolo abbandonarsi all’adorazione di un idolo, spezzò le Tavole dell’Alleanza considerandolo indegno di riceverle.
Ma dopo che i trasgressori furono puniti e che il popolo si fu pentito del peccato commesso, Dio, alle preghiere di Mosè, annunciò il suo perdono con l’espressione “Salachtì”: ho perdonato. E Mosè, salito ancora una volta sul monte Sinai, ricevette nuovamente le Tavole dell’Alleanza. (1)


La liturgia
Alla funzione del mattino si legge la parashah che contiene il Decalogo. Durante la giornata viene letto anche il libro di Ruth, che si collega alla festa della mietitura. La storia di Ruth è molto bella e poetica. Naomi e i suoi due figli emigrano in Moab a causa di una carestia. I figli sposano due moabite, ma ambedue muoiono. Naomi decide allora di tornare alla sua terra e Ruth, una delle nuore, va con lei perché, dice, “la tua terra è la mia terra, il tuo Dio è il mio Dio”. Spinta dalla stessa suocera, Ruth sposa Boaz, ricco possedente e lontano parente della famiglia. Secondo la tradizione Ruth è la progenitrice del re David, dalla cui stirpe discenderà il Messia. (1)


Usanze
La festività di Shavuoth non ha comandamenti speciali. Ci sono però dei minhagim (usanze) che si sono fissati lungo i secoli (vedere Come nasce il Minhag? nella parte Cultura ebraica del sito).
Le sinagoghe vengono addobbate di fiori e di piante per ricordare che siamo all’epoca delle primizie, con un forte richiamo alle cerimonie di offerte di primizie all’epoca del Tempio.
Esiste anche l’abitudine di riunirsi la notte di Shavuoth per studiare la Torah fino all’alba. Questo studio, chiamato Tiqoun (riparazione), deve riparare la debolezza di quelli che non ebbero la forza di vegliare quando l’Eterno fece dono della Torah sul Sinai. Ma questa veglia consiste in primo luogo ad aspettare l’ora in cui gli antenati d’Israele ricevettero le parole divine. L’origine di quest’usanza è da cercare nella cabala del sedicesimo secolo. Lo scopo è di rivivere l’esperienza del Sinai nel fuoco e nella gioia.(2)

Fonti:
(1) Ziv, bulletin de la commission judaisme de la Cté des Béatitudes (Francia)
(2) Le pietre del tempo, il popolo ebraico e le sue feste di Clara e Elia Kopciowski

http://www.comunitadibologna.it/index.php?option=com_content&task=view&id=121&Itemid=1

Corso di Israelologia a Como

Evangelici.net notizie

Corso di Israelologia a Como
Inserita il 21/5/2009 alle 12:29 nella categoria: Israele

COMO - Organizzato da Evangelici d'Italia per Israele (EDIPI), in collaborazione con la chiesa Elim di Como (via Borgovico, 22) in cui si tiene l'incontro, il corso di Israelologia si svolge sabato 23 maggio ed è curato dal direttore degli studi dell'IBEI Rinaldo Diprose.


Rinaldo Diprose, direttore dell'Istituto biblico evangelico italiano (Ibei), oltre a sviluppare i temi dell'incontro, parlerà della sua recente esperienza rispetto a questi stessi corsi tenuti in Israele presso le congregazioni di arabi cristiani ed ebrei messianici all'Istituto NETS di Nazareth e all'Israel College of the Bible di Gerusalemme.


Programma del corso:
sessione mattutina
1) Israele il fratello minore
2) Israele nazione eletta
3) Israele tra passato, presente e futuro

sessione pomeridiana
4) La teologia della sostituzione
5) La Chiesa al posto di Israele
6) la Chiesa al posto del Regno Messianico. [cdf]


Per informazioni: tel. 031/427739 oppure 339/3413990


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Pubblicata da evangelici.net



http://www.evangelici.net/notizie/1242901779.html

Israele: Ebrei messianici sotto i riflettori

Israele: Ebrei messianici sotto i riflettori
2009 Maggio 10

by illuminato
«Io ho annunziato, salvato, predetto, e non è stato un dio straniero in mezzo a voi; voi me ne siete testimoni, dice il SIGNORE… » (Isaia 43:12)

di Gershon Nerel

In Israele l’interesse del pubblico per gli ebrei credenti in Yeshua continua ad essere alimentato da reportage dei media in ebraico e in inglese. Venerdì 13 febbraio 2009 è apparso un altro lungo articolo su Up Front, il supplemento settimanale del Jerusalem Post in lingua inglese. L’attenzione dei lettori su questo articolo è stata attirata da un vistoso titolo sulla prima pagina del Jerusalem Post. Il titolo diceva: «La fede avanza: 7.000 credono in Gesù come loro Redentore». Nel supplemento è stato aggiunto un sottotitolo: «Con grande irritazione dell’establishement in Israele».

Il servizio sugli ebrei messianici occupava sei intere pagine con foto a colori. Sulla copertina del supplemento settimanale si poteva vedere la foto di due giovani. Portavano T-shirt rosse con la scritta ebraica: «Yehudim Lema’an Yeshua» (Ebrei per Gesù) e distribuivano volantini per strada. Larry Derfner, il reporter del Jerusalem Post è riuscito a fare un articolo completo e obiettivo. Ha abilmente evitato di destare o confermare pregiudizi nei lettori.

Nel suo articolo cita, senza censurarle, molte dichiarazioni di ebrei credenti in Yeshua. Qui di seguito alcuni esempi. «Yeshua è l’incarnazione del Dio di Abraamo, di Isacco e di Giacobbe – in una nuova epoca». «Io sono nato ebreo, ma nella fede non c’è differenza tra me e un cristiano evangelico». «Se mi rifiutassi di parlare di Gesù ai miei simili, sarebbe come se conoscessi la medicina per guarire l’AIDS e la tenessi per me».

Dall’articolo si viene a sapere che il 50 percento dei circa 7.000 ebrei messianici in Israele sono nuovi immigrati dall’ex Unione Sovietica. Secondo altre stime, il numero degli ebrei messianici in Israele dovrebbe però arrivare a circa 10.000. Tra questi ci sono anche centinaia di nuovi immigrati dall’Etiopia. Su questo gruppo il giornalista scrive che «molti di loro preferiscono tenere per sé la loro fede». Simili credenti «nicodemiti» si possono trovare anche tra gli immigrati da altri paesi. Per paura della pressione sociale, economica e giuridica preferiscono per il momento tenere segreta la loro fede.

Nell’articolo si fa anche notare che ci sono ebrei messianici che soffrono sotto angherie e persecuzione. La cattiva disposizione contro questi credenti viene aizzata da almeno due “Organizzazioni anti-missionarie” ultra-ortodosse, e precisamente Yad L’achim (Mano ai fratelli) e Lev L’achim (Cuore per i fratelli). Queste istituzioni arrivano ai limiti del legalmente lecito e del decoro, e qualche volta vanno anche oltre, denigrando e attaccando gli ebrei messianici. Gli attivisti ultra-ortodossi cercano di screditare pastori e anziani di comunità nei loro immediati dintorni attaccando in posti pubblici pashkevilim, cioè manifesti con le loro fotografie e con minacce.

Secondo i dati esposti dal giornalista, in Israele ci sono circa 100 comunità messianiche. Ciascuna di loro costituisce un gruppo chiuso in se stesso, ma esiste tuttavia «una grande fluttuazione» nell’appartenenza alla comunità. Il reporter dichiara inoltre che gli ebrei messianici non gestiscono alcun centro chiuso in cui «i nuovi convertiti sono sottoposti a un lavaggio del cervello o a un ‘bombardamento con amore’». I nuovi arrivati nelle comunità messianiche non vengono nemmeno allontanati dalle loro famiglie o dai loro amici. Se un membro vuole abbandonare la comunità, né lui né altri vengono obbligati a rimanere.

Nel suo resoconto l’autore dell’articolo cerca di comportarsi come «obiettivo osservatore dall’esterno». Da una parte scrive: «Gli ebrei messianici in questo paese hanno una reputazione pessima», perché come attivi «missionari» parlano apertamente di Yeshua ad ogni ebreo (o non ebreo) che manifesta interesse. D’altra parte i «messianici» per il reporter non sono una setta, perché i credenti ebrei in Yeshua non hanno né una singola figura leader né un gruppo di leader, e a nessuna persona del loro ambiente attribuiscono proprietà divine. Nella sua esposizione mette anche in evidenza due aspetti contraddittori dello scenario ebreo-messianico in Israele: da una parte si nota una tendenza dei figli a non seguire la fede in Yeshua dei loro genitori; dall’altra si può osservare in altre famiglie una continuità della fede in Yeshua che passa di generazione in generazione, come per esempio in Yad Hashmona, un villaggio messianico (Moshav) nella zona collinare ebraica.

Alla fine dell’articolo il giornalista descrive un concerto di musica messianica organizzato da credenti in Yeshua. A questa manifestazione hanno partecipato circa 1.000 visitatori. L’autore scrive: «Mille credenti messianici, di cui molti hanno genitori ebrei, si sono riuniti in una specie di ‘casa protetta’ per cantare inni a Gesù. Non sembravano minacciosi, anzi piuttosto innocui e vulnerabili. In questo spazio al sicuro dagli occhi del pubblico hanno potuto esprimere liberamente la loro fede.»

Fonte: (Nachrichten aus Israel, aprile 2009 – trad. www.ilvangelo-israele.it)



http://butindaro.wordpress.com/2009/05/10/israele-ebrei-messianici-sotto-i-riflettori/

sabato 23 maggio 2009

L’ebreo che spiega Gesù alla Chiesa

12 Maggio 2009
L’ebreo che spiega Gesù alla Chiesa
Il paradosso di Jacob Neusner, il rabbino che prendendo le parti dei farisei ha «aperto gli occhi» a Benedetto XVI sulla grandiosa pretesa di Cristo

di Luigi Amicone
Jacob Neusner è considerato il più grande specialista vivente di letteratura rabbinica antica. Ha scritto un libro su Gesù e ha benedetto il viaggio che il Papa sta compiendo in Terra Santa. Perché? «Perché mi piacciono i cristiani e perché rispetto il cristianesimo». Tutto qui? Sosteneva Kieerkegaard che Gesù di Nazareth e la sua pretesa di aver portato il cielo sulla terra, di essere Dio stesso in terra, «è l’unico caso serio della storia». Perciò «tu devi prendere posizione di fronte a Cristo». Neusner è uno dei pochi contemporanei a farlo davvero. La sua posizione, raggiunta dopo la frequentazione di Gesù nel vangelo di Matteo, è sorprendente? Nient’affatto. Il rabbino non si converte a Cristo, non lo segue e continua a stare “con i farisei”. Perché? Perché Cristo si è detto signore del sabato. Perché ha identificato se stesso con la Torah. Perché Gesù ha chiamato i suoi discepoli in prima persona e si è appellato alla libertà di un “io” invece che al “noi” dell’Eterno Israele. Perché, infine, ha la pretesa “impressionante” e “sbalorditiva”, «egli e i suoi discepoli», di aver «preso il posto dei sacerdoti nel tempio; il luogo santo è cambiato e si identifica con il gruppo formato da Gesù e dai suoi discepoli». E allora dove sta l’originalità dell’ebreo che capisce che «l’alternativa è tra: “Ricordati di santificare il sabato” e “Il Figlio dell’uomo è il signore del sabato”. Non possiamo scegliere entrambi»? Dove sta l’interesse della constatazione che «la Torah sta in un mondo, Cristo in un altro»? Intanto originalità e interesse stanno nella conferma della serietà e gravità del “caso”. Come annota Neusner, non si tratta di parole o di idee. Si tratta di un avvenimento e di una persona. «Comprendo, infatti, che solo Dio può esigere da me quello che sta chiedendo Gesù». «Noi comprendiamo adesso che alla fine c’è proprio la figura di Gesù e non tanto i suoi insegnamenti».
Riepilogando. È giunto alla sua terza edizione italiana Un rabbino parla con Gesù (San Paolo), libro doppiamente straordinario. In primo luogo perché riesce nell’impresa di portare il dialogo ebraico-cristiano oltre le secche della discussione storica e teologica offrendoci una testimonianza limpida e persuasiva di cosa sia un’esperienza viva di ebraismo (mentre, sostiene Neusner, «a parte poche sorgenti di ortodossia l’ebraismo rappresenta oggi in Europa una religione morta»). La seconda ragione di straordinarietà sta nella interpretazione-recensione che dell’approccio a Gesù secondo Neusner ha dato niente meno che il papa Benedetto XVI. Il quale, nel suo Gesù di Nazaret, segnala il volume del rabbino americano così: «Il grande erudito ebreo Jacob Neusner in un importante libro si è, per così dire, inserito tra gli ascoltatori del Discorso della montagna e ha poi cercato di avviare un colloquio con Gesù intitolato A Rabbi Talks with Jesus (Un rabbino parla con Gesù). Questa disputa condotta con rispetto e franchezza tra un ebreo credente e Gesù, il figlio di Abramo, più di altre interpretazioni del Discorso della montagna a me note, mi ha aperto gli occhi sulla grandezza della parola di Gesù e sulla scelta di fronte alla quale ci pone il Vangelo». Non vi sembrano sconcertanti le parole del Santo Padre? «Mi ha aperto gli occhi». Ma la figura del Nazareno non dovrebbe essere la specialità bimillenaria (oltre che la “ragione sociale”) delle Chiese cristiane? Dunque quale sarebbe il segreto che renderebbe così speciale l’approccio di Neusner, come lascia intendere addirittura il Pontefice? Cosa del Gesù visto da un ebreo osservante ha entusiasmato Benedetto XVI tanto da fargli mettere nero su bianco un giudizio così lusinghiero da corrodere implicitamente tanta apologetica cristiana – proprio lui, il Papa-teologo, il professore Ratzinger, l’ex prefetto del Sant’uffizio, il Defensor Fidei, il Vicario di Cristo? Come si spiega tanta accoglienza a una posizione che dichiara «senza scuse, senza inganno, senza infingimento» di voler «riaffermare semplicemente la Torah del Sinai sopra e contro il Gesù di Matteo»? Il segreto sta nel fatto che mentre a tutt’oggi prevale una riduzione del cristianesimo a interpretazione sentimentale o specialistica (almeno così sembra emergere in tanta omiletica chiesastica e nella pubblicistica-biada di massa che ci arride dalle vetrine delle librerie), con l’opera di Neusner torna in auge la “simpatia per l’oggetto” della disputa. Torna una ragione aperta alla considerazione del fenomeno Gesù così come esso si è presentato nella storia e nella testimonianza di chi gli ha voluto bene, non come si immagina che egli avrebbe dovuto essere o essersi presentato per tramite di chi lo ha conosciuto. Perciò il nostro rabbino immagina di mescolarsi tra la folla di discepoli, curiosi, ostili, semplice gente comune riunita alle pendici del monte presso il lago di Tiberiade per ascoltare “il discorso delle Beatitudini”. Egli interloquisce con Gesù seguendo come filo rosso il vangelo di Matteo, «il più “ebraico” dei vangeli», e mettendolo a confronto con la Torah.

Un vero maestro in Israele
Molti sono i punti di contatto ed è impossibile non riconoscere in Gesù un vero ebreo e un maestro in Israele. Il fatto è – pretesa pazzesca e inaccettabile da chi ritiene peraltro che «Mosè ha detto molto di più, stando sulla montagna» – che Egli identifica e riassume l’intera Torah nella sua persona. Insomma, ciò che oggi non è per niente scontato nelle Chiese cristiane, dove il Nazareno rischia di essere tramandato come un mito consolatorio, fermo alla “Parola” di un passato piuttosto esangue e anacronistico, per l’ebreo pio e osservante Jacob Neusner invece è una pretesa viva. Che va presa alla lettera, esattamente per quello che dice di essere. E cioè non una fonte di ispirazione morale, sociale, legislativa. Ma uno che reclama un “tu” e una sequela totalizzante.
Così, la domanda di ieri è la stessa di oggi, di sempre: «E voi, chi dite che io sia?». La domanda posta da Gesù è la stessa che sembra fare da sfondo alle folgoranti riflessioni, ai paragoni e alle conclusioni dell’ininterrotto dialogo che Neusner stabilisce nell’arco della sua narrazione tra il “maestro nazareno”, la Torah, i maestri, i saggi e i profeti dell’“Eterno Israele”. Ristabilendo così – paradossalmente, da parte di un rabbino – il metodo proprio del cristianesimo. Che non è anzitutto quello storico o spiritualistico, ma proprio quello personale di porsi con apertura e immaginazione davanti alla persona di Cristo, alla sua pretesa, alla sua logica, alla sua avventura umana.
http://www.tempi.it/cultura/006682-l-ebreo-che-spiega-ges-alla-chiesa

Allarme antisemitismo: torna il complotto giudaico-massonico

Allarme antisemitismo: torna il complotto giudaico-massonico DI ALDO CHIARLE
Lunedì 11 Maggio 2009 11:00



Il quotidiano “Il Riformista” lancia un allarme: una piccola casa editrice ha ristampato “I protocolli dei Savi Anziani di Sion”, una opera universalmente riconosciuta come un enorme cumulo di menzogne, scritta e pubblicata poco più di un secolo fa per scatenare una azione di odio contro gli ebrei.Oggi questo libro viene utilizzato dalla teocrazia dell’Iran per incitare l’odio contro Israele e per chiedere ad alta voce la sua distruzione. Ma questi “protocolli” noti in Italia attorno al 1938, non furono una invenzione fascista, anche se Benito Mussolini e Giorgio Bocca, firmatario del manifesto antiebraico, se ne sono appropriati, perché proprio in quell’anno la propaganda fascista sbandiera a piena voce la tesi del complotto sionista e massonico, legittimata autorevolmente dal Gran Consiglio del fascismo nel momento in cui si stava per imboccare la strada della discriminazione razziale e la promulgazione dei “Provvedimenti per la difesa della razza”; proprio in quei giorni vengono pubblicati in Italia i “Protocolli dei savi anziani di Sion” che ben giocavano a favore del fascismo nella sua campagna contro gli ebrei e contro la Massoneria.Ma i “Protocolli dei savi anziani di Sion” non sono stati una invenzione fascista: escono in Russia nel 1905 e fu una grossa mistificazione composta di collage di diversi testi abilmente manipolati dalla polizia segreta zarista, in un momento in cui la Massoneria e l’Ebraismo stavano giocando un ruolo culturale di primaria importanza. Da allora, a intervalli regolari, il complotto giudaico-massonico viene sventolato da forze reazionarie, e con particolare accanimento da Mussolini quando per l’Asse la guerra era irrimediabilmente persa; guerra - adopero le parole di Mussolini - “tenacemente voluta dal mondo demoplutocratico giudaico-massonico, ricco di oro e di denaro, contro i popoli nuovi e ricchi di braccia”. Naturalmente i rappresentanti delle potenze demoplutocratiche, giudaico massoniche erano le nazioni definite vecchie e sorpassate, in una parola la Francia, ma soprattutto l’Inghilterra, definita la perfida Albione.Questa azione propagandistica si intensificò dopo l’8 settembre 1943, con punti di massima violenza nei primi mesi del 1944. Infatti il 13 febbraio 1944, il quotidiano “La Repubblica fascista” e il giorno seguente tutti i giornali dell’Italia ancora occupata dai nazi-fascisti, pubblicano a piena pagina un articolo dal titolo: “Il complotto ebraico massonico per minare il fascismo e piegare l’Italia. E come nel caso dei famosi Protocolli di Sion del 1905, vengono pubblicate intere pagine di documenti falsi, questa volta massonici, inventati proprio da Benito Mussolini, perché un attento studioso rileggendo i testi trova proprio lo stile e la penna del duce del fascismo. Fu l’ultimo suo attacco, a mezzo stampa, contro la massoneria e contro gli ebrei. Purtroppo i delitti continuarono fino alla liberazione. Poche settimane prima di questo ultimo forsennato attacco si era conclusa la tragedia del ghetto ebraico di Roma.Ma il complotto giudaico-massonico non è stato - come dicevo all’inizio - una invenzione di Mussolini; Mussolini l’ha solo rispolverato. Come anche i “Protocolli dei savi anziani di Sion”. Le menzogne del complotto giudaico hanno più di 250 anni e a denunciarlo è stato un cappuccino, padre Schuff che nel Duomo di Acquisgrana urlò nel 1751: “Gli ebrei che crocifissero il Salvatore erano massoni. Pilato ed Erode erano i capi di una Loggia. Giuda prima di tradire Gesù si era fatto iniziare massone in una sinagoga e quando consegnò i trenta denari prima di andarsi ad impiccare non aveva fatto altro che pagare la tassa di iniziazione. Da allora “La Civiltà Cattolica” ritorna spesso su questo complotto e anche con mano pesante.In un articolo apparso in data 20 giugno 1885 si parla della Massoneria e dopo un accenno a Satana che l’ha generata, si accusa i giudei di essere il perno cui fanno parte tutte le ruote della grande macchina settaria che si chiama Framassoneria. Nel 1887 la stessa Rivista insiste nel concetto di complotto e nel numero del 1° gennaio, scrive “I giudei reggono la massoneria con un bieco fine. Saranno il bersaglio dell’ira divina fino agli ultimi giorni. Il coltello piantato nel cuore dell’Italia è la massoneria giudaica”. E nel numero del 3 novembre 1888: “I giudei reggono la massoneria, ma gli ingannati dai giudei che, traendoli ai primi gradi, tengono celato il loro bieco fine; e fingono amore della umanità, ardente desiderio di universale progresso, affetto stragrande per il popolo, cultura delle arti e delle scienze, e soprattutto amor di patria, indipendenza e unità nazionale”. E ancora: “Gli ingannati non mostrano di punto avvedersi delle trame giudaiche e pare che nemmeno si accorgano che il vero fine della giustizia ebraica sia quello che dicevamo: la distruzione della religione e cancellare Gesù Cristo dalla mente e dal cuore fra i fini subalterni della Massoneria voluti dalla giudaica massoneria, vi fu l’indipendenza d’Italia, quindi la cosiddetta Unità d’Italia, togliendo soprattutto la sovrana indipendenza al Vicario di Gesù Cristo”.Un altro violento attacco alla “massoneria giudaica è sulla rivista del 20 aprile 1889: “Il Dio della massoneria giudaica è quello che ammettono i panteisti, è la natura, è il mondo. Ma un orbo vede che questo non ha nessun carattere proprio della divinità, dunque il Dio della giudaica massoneria non è Dio e in fatto questa professa l’ateismo”. E ancora, nel numero del 15 febbraio 1890: “La perfida razza dei giudei, che stancò cento volte la pazienza di Dio e fu finalmente reietta perchè crocefisse il Signore, cotesta razza dispersa in esilio per tutta la terra sarà ben presto ridotta all’impotenza...Dio farà così nell’ordine morale, dacché nessun uomo assennato recherà in dubbio che la frase blasfema del Garibaldi, essere il Papa il cancro dell’Italia, e quella stampa qui in Roma testé dal Gran Maestro Adriano Lemmi, cioè che il Papa è il coltello piantato nel cuore dell’Italia, non abbia presto a pronunciare, nel proprio e vero senso, della massoneria: sì la massoneria è il cancro dell’Italia, sì la massoneria è il coltello ch’è piantato in Roma, cuor d’Italia”.Ma la rivista pubblica il 16 agosto 1890, una vera chicca: “Del resto certo è che la massoneria è informata e diretta dallo spirito giudaico e gli obbedisce. Uno di essi, Sisto di Siena, ci attesta che nella edizione del Talmud, leggevansi i seguenti precetti: 1) Ordiniamo che ogni giudeo maledica che volte al giorno il popolo cristiano e preghi Dio che lo stermini con i suoi principi e re; 2) Dio ha ordinato ai giudei di appropriarsi dei beni dei cristiani, sempre che li potranno, sia con la frode, sia con la violenza, ovvero con il furto e l’usura; 3) si comanda a tutti i Giudei di avere i cristiani in conto di bruti animali e di trattarli come tali; 4) Non facciamo né bene né male ai pagani, ma procuriamo con ogni mezzo di tor dal mondo i cristiani; 5) Se un giudeo vede un Cristiano sull’orlo di un precipizio, è tenuto a sospingerlo dentro”. E ancora, nel numero del 19 ottobre 1895, con una recensione del libro “Massoneria sinagoga di Satana” scritto dall’arcivescovo di Port-Luis, Meurin Leone, e pubblicato dalla Biblioteca del clero di Siena: “Secondo noi è una delle più insigni sopra l’argomento e dimostra che la Cabala ebrea è la base filosofica e la chiave della massoneria. Monsignore intende la Cabala corretta di Paganesimo e di satanismo. Cerchiamo e troviamo la storia della massoneria, l’ordine decaduto dei Templari, la Sinagoga cabalistica e finalmente nel tutto, Satana medesimo”.E si potrebbe continuare all’infinito, con citazioni mensili e della stessa violenza. Proprio in questi giorni “furfugnando” fra bancarelle di libri vecchi, ho trovato alcuni numeri de “La Frusta” giornale politico e morale che si pubblicò in Roma a partire dal 1870. nel numero dell’11 gennaio 1871 trovo un articolo di fondo veramente eccezionale. Il titolo è “La generosità dei Papi e la ricompensa degli ebrei”. L’articolo è tutto interessante, ma riporto solo alcuni gioiellini di stile e di “amore”; eccoli: “Fra le molteplici leggi pertanto che sempre più sconvolgono il caos italiano, si ha: Tutti i cittadini sono eguali avanti alla legge. Questa legge a nessun altro è tanto propizia siccome agli Ebrei, perchè essendo la schiatta più avvilita e più abietta del mondo, perchè contrassegnati dal marchio meritato del deicidio, furono giustamente sino ad oggi sfuggiti o non affatto curati. Ma d’ora innanzi ed in forza appunto dall’esser tutti eguali in faccia alla legge, voi li vedete insegnare al Liceo, quando non sanno e non vogliono credete, perchè oggi in società dei fatalisti e degli atei comandano, imperano ancora eminentemente gli ebrei. Giudaismo e rivoluzione sono oggi le parole talmente identiche fra loro, cosicché i rivoluzionari sono tutti ebrei, come tutti gli ebrei sono rivoluzionari. Rivoluzionari sono gente senza testa, senza patria, senza affezione, gli Ebrei non hanno Patria, e sopra l’onore dei congiunti sentono quello dell’oro. Gli ebrei congiurano contro il papa, lo bestemmiano, calunniano, insultano, ancorché l’augusto pontefice Pio Nono li abbia sempre ricolmi di ogni elargizione e favore”. L’esecutore di questo incredibile articolo finge di ignorare la cacciata degli ebrei dalla cattolicissima Spagna, i ghetti della cattolicissima Polonia, il ghetto di Roma annientato solo dalle baionette dei bersaglieri italiani il XX settembre 1870, senza parlare di alcune diecine di migliaia di ebrei assassinati dalla Inquisizione nella sola Spagna.Come risposta a chi ha avuto l’ardire di parlare dei Papi come i generosi e costanti benefattori degli ebrei, ricordiamo: 1) Divieto di matrimonio e di rapporto sessuale fra cristiani ed ebrei (Sinodo di Elvira – anno 306); 2) Divieto di consumo di cibi per ebrei e cristiani (Sinodo di Elvira – Anno 306); 3) Non è permesso agli ebrei di rivestire funzioni pubbliche (Sinodo di Clermont – anno 535); 4) Non è permesso agli ebrei di tenere a servizio serve o schiavi cristiani (3° Sinodo di Orleans – anno 538); 5) Agli ebrei non è permesso di farsi vedere nelle vie durante la settimana santa (3° Sinodo di Orleans – anno 538); 6) Bruciatura del Talmud e di altri scritti ebraici (Sinodo di Toledo – anno 681); 7) È vietato ai cristiani di consultare medici ebrei (Sinodo di Narbonne – anno 1050); 8) Come i cristiani, gli ebrei debbono pagare la decima alla Chiesa (Sinodo di Gerona – anno 1078); 9) Gli ebrei non hanno il diritto di accusare i cristiani (3° Concilio Lateranense – anno 1179); 10) Gli ebrei debbono portare un distintivo sugli abiti (4° Concilio Lateranense – anno 1215); 11) Divieto di costruire sinagoghe (Concilio di Oxford – anno 1222); 12) Gli ebrei hanno il diritto di abitare solo nei quartieri ebraici (Sinodo di Braslavia – anno 1267); 13) La conversione di un cristiano all’ebraismo o di un ritorno di un ebreo battezzato alla sua religione precedente, vanno trattati come una eresia (Sinodo di Mainz – anno 1310). E poi Granada, quando nel 1492 gli ebrei vengono cacciati dalla cattolicissima Spagna, e nacque anche la “Santa” Inquisizione.Perchè il più grande delitto di fronte alla umanità è quello di dimenticare le leggi razziali del fascismo – molto si è scritto su questa infamia. Ma vi è una altra infamia altrettanto criminale verso gli ebrei ed è quella di Stalin che aveva programmato lo sterminio degli ebrei russi nel 1958 e solo la sua morte impedì il massacro. Tutto era già pronto: dai carri bestiame per trasportarli in massa in Siberia. Ma gli ebrei in Russia avevano già avuto molti colpi terribili. Il primo, ma di proporzioni limitate al tempo della collettivizzazione dell’agricoltura contro i piccoli proprietari terrieri che si opponevano; un altro colpo e questa volta terribile gli ebrei russi lo ebbero nel periodo del terrore (dagli anni 30 agli anni 40) con stragi, uccisioni e deportazioni in massa. Negli anni 1937/38 fu aggredita la cultura ebraica con la chiusura delle scuole e delle Accademie ebraiche; ma gli anni dell’ultimo dopoguerra furono per gli ebrei ancora più tristi di quelli degli anni del terrore. Stalin cominciò a pensare a loro come agenti del sionismo americano e complici di una cospirazione giudaica mondiale del capitalismo e del sionismo situata a Wall Street contro la Russia del Soviet. Vennero chiusi tutti i teatri ebraici, vietato l’insegnamento, le sinagoghe lasciate andare in rovina e i giornali aboliti. Nel 1953 la Pravda riportò in prima pagina la notizia dell’arresto di medici ebrei sabotatori e questo dette spunto alla soluzione finale progettata da Stalin.Con la fine del nazifascismo e del comunismo è terminato il “complotto giudaico-massonico? Pensiamo proprio di no. Nel 1970 un noto politico per una crisi di governo che attraversava l’Italia ne dette la responsabilità ad una congiura ebraica e massonica. Anni fa un cardinale inveendo contro gli assassini del giudice Giovanni Falcone dichiarò che era stato ucciso “non da membri della Comunità di Dio, ma dai figli della Sinagoga di Satana” così ha chiamato la mafia. Gli ebrei e tutte le persone per bene sono insorte. Si disse, a mò di scusa, che la frase “Sinagoga di Satana” veniva da una “traduzione infelice” di una citazione dell’apocalisse. Polemiche, discussioni, scuse.E poi il caso “Kurt Waldheim” sul quale pesano gravissime e fondati sospetti di crimini di guerra in Grecia e in Jugoslavia; questo personaggio nel 1987 fu ricevuto da Papa Karol Woityla e nel luglio del 1994 insignito della onorificenza pontificia dell’ordine di Pio IX e quale ironia l’onorificenza gli è stata data per l’impegno da lui dimostrato “per la salvaguardia dei diritti umani”. Dopo la protesta di Israele che ha definito la concessione dell’onorificenza un “insulto all’Olocausto” come ha risposto il Vaticano? Conferendo una onorificenza anche alla moglie di Kurt Waldheim. Articolisti cattolici non hanno perso l’occasione per scrivere che gli ebrei hanno molto forte lo spirito della vendetta, mentre i cattolici hanno la cultura del perdono.Oggi, si dice, che i tempi sono cambiati e che il passato non potrà più tornare; io nutro seri dubbi. Non a caso tempo fa a Roma sono apparse le scritte “Morte ai giudei” intrecciate con altre scritte “morte ai massoni”. Per non parlare della guerra del Golfo di molti anni fa e di quella più recente dell’Iraq, quando si è ripetutamente detto e scritto che la guerra era voluto dalla massoneria e dall’ebraismo mondiale. In tutta l’Europa da mesi si sono intensificate le violenze contro gli ebrei. Non vorrei che un giorno svegliandomi, possa sentire le note di una lugubre canzone, cantata dalle Camicie Brune di Hitler dalla quale ha preso nome l’infame eccidio del 30 giugno 1934: “Affilate i lunghi coltelli sulle pietre del marciapiede/ Fate scivolare i coltelli nella pancia degli ebrei!/ Il sangue deve scorrere in grande quantità / noi cagheremo sulla libertà della repubblica ebrea. / Appena arriva l’ora della vendetta / Noi siamo pronti a qualsiasi massacro / Su, su, gli Hohenzollen ai lampioni! / che i cani penzolino sino a quando cadranno giù! / Il sangue deve scorrere... / Nella Sinagoga appendete un maiale nero. /Nei Parlamenti gettate una bomba a mano! / Il sangue deve scorrere... / Strappate la concubina dal letto principesco / ingrassate la ghigliottina con il grasso dei giudei! / Il sangue deve scorrere....”. È una canzone del 1934: cinque anni prima che scoppiasse il conflitto mondiale…

http://www.avanti.it/index.php/tempo-reale/93-l-avanti-in-edicola/6008-allarme-antisemitismo-torna-il-complotto-giudaico-massonico-di-aldo-chiarle.html

Netanyahu gela Obama



ilGiornale.it
n. 119 del 2009-05-19 pagina 14

Netanyahu gela Obama:
secco no di Israele
a uno Stato palestinese
di Matteo Buffolo

Il premier di Gerusalemme: "Per gli arabi solo autogoverno". Il presidente Usa: "Continuiamo il dialogo con Teheran". La Casa Bianca: "Congelare gli insediamenti in Cisgiordania"

Quando si sono incontrati lo scorso anno, erano tutti sorrisi e l'incontro era scivolato in maniera piacevole. Ma allora, né Benjamin Netanyahu né Barack Obama guidavano i propri Stati e il rilancio dei piani di pace in Medio Oriente non passava quasi esclusivamente per le loro mani. Ieri, alla prima visita ufficiale del premier israeliano alla Casa Bianca, il meeting è stato ugualmente cordiale, ma le posizioni dei due leader non si sono - almeno per ora - incontrate.

I temi più caldi sono due: la cosiddetta «soluzione dei due Stati» e il dossier iraniano. E se la prima cosa che Obama ha detto dopo ore di estenuanti faccia a faccia è stata che «solo con due Stati ci sarà la pace fra i due popoli», Netanyahu ha preferito parlare di «autogoverno», ma dicendo chiaramente «no ad uno Stato palestinese». E se il premier israeliano puntava a fissare un termine temporale per la linea del dialogo con Teheran (tre mesi secondo le indiscrezioni, una scadenza condivisa anche dall'inviato americano per il Medio Oriente Dennis Ross), il Presidente americano ha nicchiato e non ha fissato alcuna data ultima, facendo intendere di puntare forte sul dialogo e su un approccio soft, ma puntando comunque a «risultati entro l'anno». Differenze significative, che non sarà semplice appianare nonostante la relazione che ha sempre legato Washington allo Stato ebraico e di cui nessuno dei due può fare a meno. Sul tavolo, ovviamente, ci sono molte altre questioni, per esempio il futuro degli insediamenti dei coloni in Cisgiordania; e se proprio ieri è arrivata la notizia di un appalto per la costruzione di una nuova enclave, Obama ha tuonato dicendo che i progetti «devono essere congelati».

Insomma, quella che Netanyahu aveva definito «la missione della sua vita» in un'intervista al quotidiano Maariv non sembra aver portato, almeno nell'immediato, un’intesa con il grande fratello Usa. Lo spazio di manovra del premier israeliano, stretto fra un governo di coalizione eterogeneo e favorevole a una linea dura e la volontà di Obama di imprimere al processo di pace un'accelerazione basata sul dialogo, è limitato e l'incontro sembra aver confermato i timori della stampa di Gerusalemme, scettica sulla possibilità di un accordo.
Nello Studio Ovale Obama ha richiamato alla memoria di Netanyahu gli impegni presi dai precedenti governi, mentre il capo del governo israeliano ha nicchiato. E se per l'ex senatore dell'Illinois la soluzione del problema palestinese è un punto chiave per migliorare i rapporti con il mondo islamico, per il leader del Likud dare pubblicamente il via libera alla formazione di uno Stato palestinese significherebbe sostanzialmente vedere la propria maggioranza sgretolarsi dopo poche settimane. A meno, ovviamente, di non portare a casa qualche sostanziosa contropartita. Ma anche sull'Iran - l'altro grande dossier sul tavolo - le visioni divergono: per Obama arrivare alla sovranità totale per la Palestina smorzerebbe i problemi con Teheran, per «Bibi il falco» invece spingerebbe soltanto Ahmadinejad (o chi gli succederà eventualmente dopo le presidenziali di giugno) a esercitare ancora più pressione attraverso Hezbollah ed Hamas. A meno che, ma gli spiragli sembrano minimi, gli Stati arabi non riconoscano Israele e la sua natura ebraica. «In questo caso - ha detto Netanyahu a margine del meeting - siamo pronti a riprendere i colloqui di pace con i palestinesi». «E questa - gli ha fatto eco Obama - è un'occasione che entrambi dovreste cogliere».


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Hamas: le parole di Obama ingannano

Quelle dichiarazioni non sono altro che un insieme di auspici»
Hamas: le parole di Obama ingannano
Il gruppo islamico: le manifestazioni di speranza sono fuorvianti, Israele «entità sionista razzista e radicale»
MILANO - «Le affermazioni e le manifestazioni di speranza del presidente statunitense Barack Obama hanno l'unico obiettivo di ingannare la comunità internazionale in merito a qualsiasi questione legata ai comportamenti e all'esistenza dell'entità sionista razzista e radicale». È questa la posizione di Hamas, dopo l'incontro tra il premier israeliano Benjamin Netanyahu e Obama.

«SOLO UN INSIEME DI AUSPICI» - In un comunicato, rilanciato dal sito web del quotidiano israeliano The Jerusalem Post, il gruppo afferma inoltre che le dichiarazioni del presidente statunitense durante l'incontro di ieri con Netanyahu non sono altro che un «insieme di auspici» su cui il movimento ha poche speranze. Durante l'incontro alla Casa Bianca con Netanyahu, Obama ha esortato Israele a negoziare con i palestinesi, ma divergenze sono emerse tra le parti sulla questione dei due stati per due popoli. Il premier israeliano, infatti, ha parlato semplicemente di autogoverno dei palestinesi, senza mai riferirsi a uno stato palestinese. Il presidente degli Stati Uniti ha anche ricordato a Netanyahu che in base alla Road Map, Israele è vincolato a non creare nuovi insediamenti.

http://www.corriere.it/esteri/09_maggio_19/hamas_obama_affermazioni_per_ingannare_il_mondo_01d57552-4460-11de-a9a2-00144f02aabc.shtml

CANNES: IL FILM SCANDALO ISRAELIANO SULL'OMOSESSUALITA'

20/05/2009 - 18.01
FESTIVAL DI CANNES: ARRIVA LO SCANDALOSO FILM SULL'OMOSESSUALITA' 'EYES WIDE OPEN'



(IRIS) - ROMA, 20 MAG - A coronamento di un'edizione del Festival in cui l'amore omosessuale ha avuto un posto d'onore, arriva nella sezione Un Certain Regard, il film che, pur con una trattazione delicata e sofferta rappresenta l'autentico scandalo di quest'anno. Si intitola 'Eyes Wide Open', lo ha diretto l'israeliano Haim Tabakman ed è stato realizzato grazie ad una coproduzione con la Francia e la Germania poichè in patria appariva impossibile trovare tutti i capitali necessari.

I protagonisti sono due uomini che appartengono alla comunità ultra ortodossa di Tel Aviv, sono profondamente rispettosi delle leggi religiose e della morale ebraica ma non vogliono uccidere per questo la sincera passione che li lega. Aaron è un rispettato commerciante, sposato con Rivka e bravo padre di quattro bambini. Ma quando un giorno incontra il giovane studente Ezri non puo' far tacere il suo cuore. Il senso di colpa, il dolore per il tradimento della moglie e soprattutto la crescente pressione della comunità a cui appartiene, costringono Aaron alla scelta piu' drammatica. Opera prima di un regista che maneggia la materia con grande padronanza, ex allievo della Cinefondation di Cannes, il neoregista Haim Tabakman rende merito alla sceneggiatura originale di Merav Doster che ha ripreso dopo sette anni contro il parere di tutti.

''Il problema con lo scandalo dell'omosessualità tra i religiosi ebrei - dice il regista - è che l'omosessualità per il Talmud non è necessariamente un peccato, semplicemente non esiste, è una malattia che si può contrastare e vincere. Quando si è religiosi nel profondo dell'animo come i miei due personaggi si hanno solo due possibilità, combattere quella che i saggi chiamano una pulsione nefasta o vivere il proprio amore finendo nell'isolamento e nel disprezzo di amici e parenti''. Per capire quanto il film possa sconvolgere il suo pubblico naturale, in Israele, basterà dire che la contrarietà della comunità ortodossa ha costretto i produttori a non girare il film a Gerusalemme per l'eccesso di pressioni negative e che il protagonista Ran Danker (una star musicale) ha rischiato tutta la sua popolaritaà rompendo un autentico tabù apparentemente insuperabile. ''Sono molto grato a Ran - dice il regista - così come a uno degli attori che amo di più nel mio paese, Zohar Strauss, perchè si sono fatti carico dei loro personaggi fino a viverne tutto il dramma interiore. Spero che Cannes li ricompensi del rischio corso poichè ad oggi non sappiamo ancora se e come sarà possibile mostrare questo film in patria''.



MaVi

http://www.irispress.it/Iris/page.asp?VisImg=S&Art=38272&Cat=1&I=immagini/Spettacolo/62%20Festival%20d%20Cannes.jpg&IdTipo=0&TitoloBlocco=MusiCinemArte&Codi_Cate_Arti=7

BETANIA OGGI



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Una luce oltre il muro


di Rodolfo Casadei




Passaggio a Betania, Gerusalemme, dove da venticinque anni una donna cristiana difende con le unghie e coi denti i suoi reietti, decine di orfani trasformati in “figli” felici dalla «potenza della vita»


Da Gerusalemme

Insieme alla casa di Pietro a Cafarnao, era qui, a Betania, nel paese dove abitavano Lazzaro, Marta e Maria, il centro affettivo di Gesù. Oggi il villaggio di case bianche, sul pendio del Monte degli ulivi, sta per essere isolato dal muro. Quel muro che Benedetto XVI si è augurato di vedere presto smantellato: «Anche se i muri possono essere facilmente costruiti noi tutti sappiamo che non durano per sempre. Essi possono essere abbattuti». Non è un facile richiamo alla retorica pacifista. Il Papa sa bene quali sono le circostanze che hanno spinto le autorità israeliane a ricorrere alla drastica decisione di elevare una barriera di separazione tra i due popoli. L’islamismo suicida (dopo la costruzione del muro praticamente azzerato) che si infiltrava nei bar, sugli autobus, nelle scuole, facendo strage di cittadini inermi. Per questo l’accorato appello del Pontefice è realistico. «Quanto ardentemente preghiamo perché finiscano le ostilità che hanno causato l’erezione di questo muro!». Non a caso, proprio al campo profughi di Aida, a Betlemme, Benedetto XVI ha spiegato che «da entrambe le parti del muro è necessario grande coraggio per superare la paura e la sfiducia». Occorre «contrastare il bisogno di vendetta». Ci vuole «magnanimità per ricercare la riconciliazione». «La storia ci insegna che la pace viene soltanto quando le parti in conflitto sono disposte ad andare oltre le recriminazioni e a lavorare insieme a fini comuni. (…) Se ciascuno insiste su concessioni preliminari da parte dell’altro, il risultato sarà soltanto lo stallo delle trattative». In questa tensione tra parti recalcitranti a concedersi atti di magnanimità e fiducia, le anfore di coccio sono le persone come lei, Samar Sahhar, cristiana di Betania. Che fedele al mandato che il Papa ha rinnovato ai cristiani di Israele e Palestina («Siate testimoni della potenza della vita, della nuova vita donataci dal Cristo risorto, di quella vita che può illuminare e trasformare anche le più oscure e disperate situazioni umane»), da venticinque anni dedica interamente la vita ai figli abbandonati e alle donne reiette. Purtroppo, nella cittadina dove questa grande donna ha piantato il suo orfanotrofio, la Lazarus Home, sono rimaste ormai solo 11 famiglie cristiane immerse in 30 mila anime di palestinesi musulmani.

Ci si mette pure Hamas
Tornasse oggi a Betania (ora El Azareya), Cristo non troverebbe il posto tranquillo dove andava quando aveva bisogno di riposare. La via che arriva da Gerusalemme è il tipico caravanserraglio arabo, con negozietti di ogni tipo che danno sulla strada e il traffico caotico. Più su, verso la collina dove la tomba di Lazzaro e la relativa chiesa sono circondate di moderni palazzi, la pace dei luoghi è turbata dai lavori per l’avanzata del muro che sta segando in due anche questa località, incluse parecchie proprietà. Per esempio il bel giardino della casa delle suore comboniane e il bosco dell’adiacente convento dei padri passionisti. L’atmosfera politica non è più rilassata. Di recente in Consiglio comunale si è discusso dell’opportunità di costruire un ospedale: a Betania come nella vicina Abu Dies non ce ne sono, e i residenti non possono utilizzare quelli di Gerusalemme in quanto “palestinesi di zona C” (una zona dove ordine e sicurezza sono di competenza israeliana mentre l’amministrazione civile dipende dall’Autorità nazionale palestinese). Dunque per cure ospedaliere in strutture pubbliche devono attraversare il muro e andare nei territori amministrati dall’Anp. Ma del progetto che renderebbe la vita più facile agli abitanti non se ne farà nulla. I militanti di Hamas, infatti, hanno avvertito il sindaco, uomo di al Fatah: «La nostra gente deve continuare a sfidare i soldati israeliani alla barriera, non bisogna far scendere la tensione». Insomma, la logica del tanto peggio, tanto meglio. Imposta con minacce molto convincenti.
Sarebbe interessante capire chi ha messo in giro la voce che anche i cristiani alle elezioni del 2006 hanno votato Hamas, per punire la corruzione e l’inconcludenza di al Fatah. «Queste sono idiozie di giornalisti che scrivono stando chiusi dentro gli alberghi», si arrabbia Sobhy Makhoul, diacono dell’esarcato maronita di Gerusalemme e cittadino israeliano. Qualche caso c’è stato sicuramente, come quello della nipote dei fondatori cristiani dell’università palestinese (oggi statale) di Ramallah. Ma si tratta di casi isolati. I cristiani continuano a soffrire la deriva fondamentalista della società palestinese maggioritariamente musulmana. Da Gaza giunge notizia che gli ultraestremisti di Jaish al Islam, Jaish al Umma e dei Comitati popolari di resistenza, fra i quali si trovano gli assassini del pastore protestante Rami Khader ucciso nel 2007, hanno cominciato a chiedere ai 3 mila cristiani della regione di pagare la jizah, la tassa di sottomissione dei dhimmi ai musulmani. Hamas condanna verbalmente tutto questo, ma si guarda bene dal reprimere con efficacia il fenomeno. D’altra parte l’unica docente cristiana di un’università di Gaza egemonizzata da Hamas qualche tempo fa è scomparsa dalla circolazione per alcuni giorni. È riapparsa in un filmato in cui indossava il velo islamico e annunciava di essere diventata musulmana, lasciando increduli tutti i cristiani che la conoscevano come una praticante molto pia. Per non parlare delle bande criminali che sfruttano la prostituzione a Betlemme: le loro prede preferite sono le adolescenti cristiane orfane di padre. Sanno bene i guai che incontrerebbero se osassero traviare ragazze musulmane, e quindi concentrano l’attenzione sui soggetti più deboli e indifesi della società.

Esistenze ricostruite
Samar ci mostra le sue 31 “figlie”, fra i 3 e i 15 anni di età, che ospita e accudisce insieme a quattro “mamme”, tutte musulmane. Ci parla dell’ambulatorio ginecologico e pediatrico che ha aperto insieme alle suore comboniane, della panetteria-pizzeria che ha avviato e dato in gestione per finanziare la Lazarus Home, del programma di protezione per donne costrette a fuggire dal marito o dalla famiglia per i motivi più tremendi. I quattro quinti degli orfani sono il risultato di divorzi seguiti da un nuovo matrimonio: le seconde mogli non accettano i figli che l’uomo (al quale nel diritto islamico spetta inderogabilmente la custodia dei figli in caso di divorzio) ha avuto dall’altra donna, e l’istituto diventa la destinazione obbligata degli sfortunati bambini. Il resto degli orfani è rappresentato da casi penosi o raccapriccianti. Rouba, 15 anni in un corpo esile come una foglia, intona con voce struggente le canzoni di Fitoussi, la famosa cantante libanese. I genitori le hanno ustionato i piedi e il ventre, una sua sorella è stata violentata dal padre e ora vive in una comunità segreta dopo essere stata qui alla Lazarus Home per alcuni anni. Il genitore è venuto più volte a cercarla, ogni volta minacciando di morte Samar, che senza l’aiuto di nessuno l’ha respinto come una leonessa. Rania è la più piccola della casa coi suoi tre anni: ride come un frugolino con la sua bocca sdentata. Ultima di otto figli, è stata gettata sulla strada da un’auto in corsa. Non si riesce a credere che sia diventata la bambina più contenta di tutta la casa. «Le cose più belle della mia vita sono venute da mio padre e da don Luigi Giussani», dice in italiano Samar, che è una laica consacrata dei Memores Domini di Comunione e liberazione. «Mio padre mi raccontava sempre la favola di san Giuseppe che portava ogni giorno a Gesù bambino un piccolo regalo. Il giorno che non l’ha portato, in casa hanno pianto tutti: Gesù, Giuseppe e Maria. Da allora ho deciso di portare regali a Gesù ogni giorno della mia vita». n


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E se Eluana fosse stata ebrea?


E se Eluana fosse stata ebrea?


Il drammatico caso di cronaca solleva profonde questioni di etica e di morale. Quali indicazioni vengono dalla Halachà?
D.A.T.

E se Eluana fosse stata ebrea? Quale sarebbe stata la risposta della Legge ebraica alla decisione di staccare la nutrizione forzata? Come ci saremmo dovuti comportare?
Un tema molto delicato che solamente una persona come il Rabbino capo di Roma, rav Riccardo Di Segni, medico e membro del Comitato Nazionale di bioetica, poteva riuscire a trattare (in una serata organizzata da Lesson Party), dando risposte esaustive ad una platea costantemente interessata.
Facendo unicamente riferimento al caso Englaro e alle questioni che da esso scaturiscono, alcune cose vanno dette immediatamente. Ci sono degli obblighi che un Ebreo ha e da cui non può sottrarsi. Essenzialmente questi sono:


• divieto di non uccidere (legge noachica); la vita va tutelata in quanto tale, senza considerazione per la qualità o per la durata;
• non possiamo rimanere impassibili davanti al sangue versato.

A questi punti cardine si collega direttamente un concetto basilare, che divide radicalmente laici (a volte laicisti…) dai credenti: il concetto di “autonomia”. Come possiamo disporre della nostra vita? Per i credenti la vita non è un dono, ma un prestito e come tale va tutelata come se andasse restituita nel migliore dei modi.
Detto ciò, non bisogna però immediatamente dedurre che per l’ebraismo non è possibile nessun tipo di scelta autonoma di fine vita. Sebbene l’idea della sofferenza anche nell’ebraismo abbia un valore assoluto
(si collega all’espiazione delle colpe), i maestri sostengono che è lecito il ragionamento secondo il quale “non voglio né le sofferenze né il premio che ne deriva”. Nessuno quindi è condannato a soffrire e si ha il diritto di rifiutare una cura. Ma debbono esserci delle condizioni precise e debbono esser fatte salve alcune limitazioni.

Le condizioni inappellabili sono:


• si deve trattare di un malato in stato terminale;
• il malato deve essere soggetto a sofferenze insopportabili;
• per terminare le cure occorre una dichiarazione certa dell’interessato.

Anche davanti a queste tre condizioni esistono però, come detto, dei limiti legati all’idea stessa di vita: l’ebraismo non ha nulla contro la tecnologia, che anzi sostiene come frutto della mente umana, direttamente legata alle capacità date all’uomo da D-o. In questo senso perciò, i macchinari che favoriscono la continuazione della vita sono assolutamente auspicabili. Ma su questi strumenti occorre fare un ragionamento molto chiaro: alcune macchine favoriscono la continuazione della
vita in maniera eccezionale, altre invece semplicemente si limitano a somministrare al singolo alimenti e liquidi che sono basilari per la vita stessa. Terminare la somministrazione di solidi e liquidi è perciò assolutamente vietato, non legandosi ad alcun tipo di eccezionalità estranea al corso naturale della vita (bere e mangiare sono la base della vita stessa).
Un discorso più articolato va fatto invece per la ventilazione. In questo caso è assolutamente vietato staccare una semplice ma
schera per l’ossigeno o un sondino nasogastrico. E’ invece possibile ragionare sui macchinari che non solo favoriscono la ventilazione ma producono anche il necessario movimento dei muscoli. In questo caso infatti, il movimento artificiale dei muscoli può essere visto come una specie di accanimento.
Fatta questa lunga premessa, come si pone l’ebraismo davanti al caso concfreto (nella fattispecie quello della Englaro)? Qui ci sono tre questioni aperte:


• l’accertamento della reale volontà della paziente;
• la possibilità di sospendere la somministrazione di solidi e liquidi;
• la possibilità per un terzo di decidere per un malato incosciente.

Come è facile dedurre, secondo la Halakha non sarebbe stato lecito far morire Eluana. Non risulta chiara infatti la volontà del paziente: la volontà di Eluana è stata principalmente dedotta in base alla vita attiva della paziente e su frasi dette in situazioni del tutto informali. Inoltre la somministrazione di solidi e liquidi, avvenuta sempre per semplice sondino nasogastrico, sarebbe dovuta continuare.
In ultimo, come si pone Israele davanti a questa questione? In Israele esiste una legge frutto del lavoro della commissione Stainberg: secondo questa norma è possibile rifiutare le cure, ma non è lecito terminare la somministrazione di solidi e liquidi. Per la ventilazione, come detto, solo nei casi ammissibili sopra descritti, si agisce tramite un timer che, spegnendo gradualmente la macchina, determina la fine della vita.
Come si vede quindi il tema è molto complicato e frutto di numerose discussioni. Così delicato che Rav Di Segni, pur sottolineando la non ammissibilità del caso Englaro nell’ebraismo, rifiuta totalmente l’idea di definire Beppino Englaro, padre di Eluana, come un assassino. Non è possibile descrivere la sofferenza di un padre con poche, dure, infamanti, vigliacche e semplicistiche, parole….

http://www.shalom.it/index.php?option=com_content&task=view&id=340&Itemid=75&ed=17

MO: LEVY, ISRAELE SI ALLEI CON CATTOLICI E ISLAM MODERATO

MO: LEVY, ISRAELE SI ALLEI CON CATTOLICI E ISLAM MODERATO
Milano, 22 maggio Per uscire dalla sua condizione di ''crescente solitudine'' e far fronte a un nuovo antisemitismo, Israele dovrebbe stringere delle ''alleanze'': in primis rinnovando il suo legame con il mondo cattolico europeo e poi con i segmenti piu' illuminati dell'Islam e della societa' palestinese. E' l'opinione del filosofo francese Bernard-Henry Levy, intervenuto ieri sera a Milano ad un incontro per il centenario della fondazione di Tel Aviv in cui gli e' stato consegnato il premio 'Uomo dell'anno 2009' del Museo d'Arte della citta' israeliana. ''Non sono mai stato cosi' preoccupato per Israele e per il popolo ebraico come oggi - ha detto Levy - perche' in questo momento Israele affronta minacce senza precedenti nella sua storia, nemici come Hamas, Hezbollah e Iran mossi da un odio irragionevole, e quest'ultimo con la concreta eventualita' dell'arma nucleare''. ''Mai la malafede e la disinformazione verso Israele - ha proseguito - hanno assunto proporzioni tali come in questo momento: una macchina di delegittimazione e di satanizzazione che sta sfociando in un nuovo antisemitismo''.


http://www.shalom.it/index.php?option=com_magazine&Itemid=75

martedì 12 maggio 2009

Shoah: Demjanjuk espulso dagli Usa



2009-05-12 09:04
Shoah: Demjanjuk espulso dagli Usa
Presunto criminale nazista sara' processato in Germania
(ANSA) - WASHINGTON, 12 MAG - John Demjanjuk, presunto carceriere nazista da anni al centro delle cronache legate all'Olocausto, e' stato espulso dagli Stati Uniti. E' stato imbarcato su un aereo ambulanza che lo portera' in Germania dove lo attende un processo per gli stermini nel campo di concentramento di Sobibor, in Polonia. Demjanjuk ha 89 anni e fino all'ultimo la sua famiglia si era opposta alla deportazione invocando motivi di salute e arrivando fino alla Corte Suprema.

http://www.ansa.it/site/notizie/awnplus/mondo/news/2009-05-12_112375546.html

Austria, ebrei rifiutati in hotel

Austria, ebrei rifiutati in hotel
Proprietaria:con loro brutte esperienze
"Ospitare ebrei in un albergo produce solo brutte esperienze". E' con questa incredibile affermazione che la titolare di un albergo di Serfaus, in Tirolo, ha respinto per email la richiesta di una famiglia ebrea di Vienna, che voleva prenotare per le vacanze estive. Lo rivela il quotidiano "Tiroler Tageszeitung", secondo il quale la proprietaria dell'albergo ha scritto di non accettare ebrei anche in caso di stanze libere.

Serfaus e le altre località circostanti sono così amate dagli ebrei ortodossi, che molti hotel offrono cibo kosher. La proprietaria di un altro albergo ha dichiarato indignata che l'atteggiamento razzista della sua collega è "negativo per l'immagine di Serfaus" ed ha distrutto l'immagine della località creata con il lavoro di lunghi anni. Il primo a protestare è stato il presidente della locale azienda turistica, Franz Tschiderer, il quale ha definito "inaccettabile" il rifiuto dell'albergatrice, che nel frattempo ha rifiutato ogni commento sulla email da lei inviata.

Il capofamiglia viennese respinto ha dichiarato di non voler più trascorrere le prossime vacanze estive "in un nido razzista", aggiungendo di voler scegliere un'altra località. Il presidente della comunità ebraica del Tirolo e del Voralberg, Esther Fritsch, ha spiegato che "finora non si era mai saputo di alcuna difficoltà" creata dalla presenza di cittadini di religione ebraica.



http://www.tgcom.mediaset.it/mondo/articoli/articolo449265.shtml

Israele, secondo giorno del Papa




Benedetto XVI nella Sala della Rimembranza del Museo dell'Olocausto Yad Vashem (foto: Ansa)

Israele, secondo giorno del Papa
Benedetto XVI al Muro del Pianto

Martedì 12 maggio 2009 09.59
Per Benedetto XVI inizia una giornata chiave della visita in Israele. Alla spianata delle moschee chiede gesti di conciliazione e spinge verso la comprensione del mondo musulmano. Ieri al Memoriale dell'Olocausto: "Mai più negare la Shoah"

Seconda giornata, oggi, per il papa in Israele, tutta centrata sul rapporto con il mondo islamico e ebraico: visita alla spianata delle moschee e alla cupola della roccia, il più antico monumento islamico in Terrasanta, e al muro del pianto. Nel Muro caro agli ebrei deporrà una preghiera tra le pietre del muro, come fece il suo predecessore Wojtyla nel 2000. Alla cupola della roccia Benedetto XVI incontrerà il gran muftì, mentre al muro del Pianto pregherà in silenzio. Subito dopo papa Ratzinger renderà un visita ai due gran rabbini di Israele. Infine, sempre in mattinata, si recherà al Cenacolo, luogo in cui secondo la tradizione Gesù celebrò l'ultima cena, dove reciterà il Regina Coeli. Quindi visita alla concattedrale latina di Gerusalemme e il pranzo con gli ordinari di Terrasanta. Nel pomeriggio il principale impegno è la messa pubblica nella valle di Giosafat.

http://unionesarda.ilsole24ore.com/Articoli/Articolo/123045

Incidente a Gerusalemme. Ma lo sceicco ha detto cose che molti pensano

Incidente a Gerusalemme. Ma lo sceicco ha detto cose che molti pensano
Benedetto XVI aveva da poco terminato il suo discorso ai rappresentanti delle varie religioni riuniti al centro Notre Dame di Gerusalemme, quando ha improvvisamente preso la parola lo sceicco musulmano Taysir Al-Tamini, delegato palestinese per il dialogo interreligioso.

Lo sceicco ha parlato in arabo e il papa non ha potuto capire cosa diceva. Ma dal trambusto in sala intuiva che si trattava di parole aspramente polemiche. Al termine dell’incontro, il direttore della sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha rilasciato la seguente dichiarazione:

“L’intervento dello sceicco Tayssir Attamimi non era previsto dagli organizzatori dell’incontro. In un evento dedicato al dialogo, tale intervento è stato una negazione del dialogo. Ci si augura che questo incidente non comprometta la missione del papa diretta a promuovere la pace e il dialogo tra le religioni, come egli ha chiaramente affermato in molti discorsi di questo viaggio. Ci si augura anche che il dialogo interreligioso nella Terra Santa non venga compromesso da questo incidente”.

Una ricostruzione dettagliata dell’incidente è in questo dispaccio dell’agenzia Zenit. Si può notare che le tesi sostenute dallo sceicco non suonano affatto peregrine, ma echeggiano cose dette, scritte e pensate anche da molti non musulmani, laici e cattolici, inclusi uomini di Chiesa.

*

GERUSALEMME, 11 maggio 2009 – Padre Federico Lombardi, S.I., Direttore della Sala Stampa vaticana, ha commentato negativamente l’intervento fuori programma dello sceicco Taysir Al-Tamimi, che questo lunedì sera, durante l’incontro svoltosi presso il “Notre Dame of Jerusalem Center”, ha pronunciato parole d’accusa nei confronti d’Israele.

Dopo il discorso del Pontefice, lo sceicco Al-Tamimi, Presidente del Tribunale Supremo palestinese, scelto come delegato palestinese per il dialogo interreligioso, si è avvicinato al podio pronunciando un discorso in arabo, accolto con proteste degli esponenti ebraici presenti che mina! cciavano di abbandonare l’aula.

L’esponente islamico ha affermato all’inizio: “Do il benvenuto a sua Santità, il Papa, nella città di Gerusalemme, la capitale eterna della Palestina politica, nazionale e spirituale”.

Subito dopo, nonostante i ripetuti interventi del Patriarca Latino di Gerusalemme, Sua Beatitudine Fouad Twal, Al-Tamimi ha proseguito dicendo che “da quando Israele ha occupato Gerusalemme, nel 1967, ha trasgredito tutte le leggi religiose e civili, ha distrutto le case, ha occupato le terre e vi ha edificato case per gli israeliani, cacciando via migliaia dei suoi abitanti originari”.

“Israele – ha continuato – ha fatto di Gerusalemme una prigione, vietando ai musulmani e ai cristiani di accedervi e vietando le preghiere nelle sue chiese e moschee”.

“Ha scavato sotto la Moschea di Al-Aqsa con l’intento di distruggerla per edificare la sinagoga al suo posto, rubando da essa anche i monumenti archeologici – ha affermato –. Ha scavato le tombe dei morti. Ha picchiato i credenti che pregavano e ha picchiato anche i monaci nella Chiesa della Risurrezione a Pasqua”.

“Per quanto riguarda la questione di Gaza – ha detto Al-Tamimi – Israele non ha rispettato i diritti umani: una mancanza di rispetto dei diritti umani come mai era accaduto prima in questo secolo”.

“Santità – ha aggiunto –, vi supplico nel nome dell’Unico Dio, di condannare questi crimini, di far pressione sul Governo israeliano per fermare le offensive contro il popolo palestinese, di liberare le migliaia di detenuti nelle prigioni dell’occupazione, di distruggere il muro di separazione etnica, di rimuovere gli insediamenti e di ridare le terre occupate ai loro legittimi proprietari”.

Al-Tamimi ha quindi chiesto al Santo Padre di intercedere “per arrivare ad una pace giusta che riconosca pieni diritti al popolo palestinese nella sua libertà e indipendenza, e permettere ai rifugiati di far ritorno alle case che sono stati obbligati ad abbandonare, così da ricreare uno Stato libero per il popolo palestinese con Gerusalemme come sua capitale eterna”.

“Gerusalemme – ha concluso – è una parte importantissima della vita di oltre un miliardo e mezzo di musulmani e di oltre due miliardi di cristiani, e tutti loro devono difendere Gerusalemme e la sua identità”.

Il Papa, che non ha potuto ascoltare la traduzione del discorso, è rimasto seduto fino alla fine accennando di tanto in tanto un sorriso imbarazzato, conscio del clima teso suscitato dall’intervento dell’esponente islamico.

In una dichiarazione, Aviv Shiron, portavoce del Ministero degli Esteri israeliano, ha detto che “è una vergogna che lo sceicco Taysir Al-Tamimi abbia approfittato di un incontro interreligioso finalizzato a promuovere il dialogo e la comprensione tra cristiani, ebrei e musulmani con l’intento di incitare contro Israele”.

Dura la reazione anche del Ministro incaricato della visita del Papa in Israele, Stas Misezhnikov, secondo il quale “la provocazione dello sceicco offende, in primo luogo e principalmente, Papa Benedetto XVI che è venuto in Terra Santa per promuovere la pace e l’unità tra i popoli della regione e di tutti gli uomini di fede”.

“Israele – ha continuato – condanna le parole di odio pronunciate dallo sceicco, che invece di promuovere la pace e la coesistenza ha scelto di piantare i semi della divisione e dello scontro tra israeliani e palestinesi e tra ebrei, musulmani e cristiani”.

“E’ una vergogna che siano stati gli estremisti a rappresentare i palestinesi e i musulmani in questo importante evento in presenza della Santa Sede”, ha detto infine.

http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2009/05/12/incidente-a-gerusalemme-ma-lo-sceicco-ha-detto-cose-che-molti-pensano/

domenica 10 maggio 2009

Festività di Lag Ba-'omer 5769 (12 maggio 2009)


Festività di Lag Ba-'omer 5769 (12 maggio 2009)


Lag Ba-‘omer è una festività che cade il trentatreesimo giorno del conteggio dell’‘omer, il 18 del mese di Iyar ossia il 12 maggio per il 2009.
La parola Lag non è una vera e propria parola in ebraico. Secondo la Ghematriah la lettera “lamed” (ל) vale 30 e la lettera “gimel” (ג) vale 3, quindi le due lettere messe assieme fanno 33 (גל).

Il conteggio dell’ omer (7 settimane) comincia il secondo giorno di Pesach e finisce con la festa di Shavuot. E’ durante questo periodo che venivano festeggiate le raccolte in Israele quando il Tempio si trovava sul monte Moria a Gerusalemme e che l’ Omer (misura citata nella Bibbia che indica una quantità di circa 1,3 Kg di grano) ci veniva portato ogni giorno durante questo periodo.

Queste 7 settimane avrebbero dovuto essere fonte di gioia: gli Ebrei liberi dalla schiavitù di Faraone (Pesach) ricevono la Torah sul Monte Sinai il giorno di Shavuot. Pesach rappresenta la nascita fisica della nazione ebraica e con Shavuot il dono della Torah ne completa il processo dal punto di vista spirituale.
Al contrario questi 50 giorni sono un periodo di semi-lutto: ad esempio, è vietato sposarsi, ascoltare musica, andare al cinema, tagliarsi i cappelli.

L’unico giorno in cui questo semi-lutto viene sospeso è la festa di Lag Ba-‘omer.
La festa di Lag Ba-‘omer ha origine al tempo di Rabbi Akiva. I suoi 24.000 allievi morirono per una misteriosa malattia detta mandata da D-o, come lo riporta il Talmud (Yevamot 62:2).Si dice che questo evento ebbe luogo perché “non dimostravano rispetto l’uno per l’altro” (spiegazione data nel Talmud).
Lag Ba-‘omer festeggia la fine di questa malattia.

Un’altra ragione data è la morte di tanti studenti durante la lotta armata combattuta da Bar Kokhba contro il nemico romano.
In questo giorno ricorre anche l’anniversario della morte del famoso Rabbino Simeon bar Yohai, autore dello Zohar (la Cabala).

La tradizione vuole che si accendano dei falò (simbolo della guerra) e che i bambini si rechino nei boschi con archi e frecce per accenderli.

Lag Ba-‘omer in Isaele è diventato “il giorno dello studente”.



http://www.comunitadibologna.it/index.php?option=com_content&task=view&id=108&Itemid=1

mercoledì 29 aprile 2009

Yom Hazikaron 27-28 Aprile 2009-Per non dimenticare


Morte di un giovane soldato, ...e la mamma



Morte di un giovane soldato, ...e la mamma
Questa storia e' molto seria e triste.
E' la storia di un caduto, un soldato morto. E' la storia di sua madre.
Non sempre un soldato muore eroicamente in battaglia, a
volte muore per sbaglio,o perfino stupidamente.....
Un soldato muore per colpi sbagliati dei suoi compagni.
La madre del soldato caduto, ha 4 figli, famiglia modesta,
lavora duro per guadagnare,
fa i mestieri nelle case altrui. Pochi soldi.
Da quando il figlio e' caduto, va a visitare la casarma
dove e' morto anche piu' di prima,
porta ai soldati da mangiare, un po di dolci, torte.
Arriva piena di sacchetti pieni di cibo.
e' una donna gia matura sui 60 anni. Il marito le corre
dietro a fatica, piu' vecchio e stanco.
Il Soldato e' caduto a causa due colpi di fucile sparati
per sbaglio da un soldato dello stesso colore.
La donna chiede di vedere il ragazzo.
"un ragazzo finito, disperato" dice il padre.
"era consumato dalla colpa, abbiamo temuto che si
volesse suicidare" aggiunge la madre.
La madre abbraccia il soldato che ha ucciso suo figlio
"capita, non e' colpa tua, sono cose che capitano nella guerra"
Il soldato dice " mi hanno salvato la vita....."
Il soldato va il venerdi' sera a cena dai genitori del soldato
ucciso, il venerdi sera gli ebrei celebrano il Sabato
con preghiere e canzoni. Il soldato che ha ucciso per sbaglio viene
trattato come un figlio dai genitori del soldato morto.
'L'ho abbracciato, ho sentito il calore di mio figlio,
il profumo di mio figlio" dice la madre.

Un giorno intero in Israele si sentono alla radio e si
vedono alla TV storie del genere.
Persone semplici, che non sanno spiegare a molto a parole,
ma che sono capaci di gesti
grandi come questo della MADRE.
Perfino io cinico e critico commentatore mi ritrovo a piangere
come un bambino.
La televisione inquadra tra il pubblico gente che piange
compita o senza ritegno,cosi si costruisce il patriotismo,
un ufficiale si butta su una granata per salvare col suo corpo
i suoi soldati. Giovane padre di tre bambini piccoli che
cresceranno sapendo che il padre e' un eroe....e le vedove
.....storie struggenti e amare di donne che vivono
di ricordi e solitudine...

Caduti eroismo sentimenti patria Israele.
http://israelediversa.ilcannocchiale.it/

Shoah - Poesie dei bambini del ghetto di Terezin


Shoah - Poesie dei bambini del ghetto di Terezin



Una macchia di sporco dentro sudicie mura
e tutt´attorno il filo spinato
30.000 ci dormono...
Sono stato bambino tre anni fa.
Allora sognavo altri mondi.
Ora non sono più un bambino,
ho visto gli incendi
e troppo presto sono diventato grande.
Ho conosciuto la paura,
le parole di sangue, i giorni assassinati...


Alla luce di una candela m´addormento
forse per capire un giorno
che io ero una ben piccola cosa,
piccola come il coro dei 30.000,
come la loro vita che dorme
laggiù nei campi,
che dorme e si sveglierà,
aprirà gli occhi
e per non vedere troppo
si lascerà riprendere dal sonno...
Hanus Hachenburg, da Vedem, settembre 1944

Pesanti ruote ci sfiorano la fronte
e scavano un solco nella nostra memoria.
...
Quattro anni dentro a una palude
in attesa che irrompa un´acqua pura.
Ma le acque dei fiumi scorrono in altri letti,
sia che tu muoia o che tu viva.




I bambini rubano il pane e chiedono soltanto
di dormire, di tacere e ancora di dormire...
Pesanti ruote ci sfiorano la fronte
e scavano un solco nella nostra memoria...
Mif, 1944

È piccolo il giardino
profumato di rose,
è stretto il sentiero
dove corre il bambino:
un bambino grazioso
come il bocciolo che si apre:
quando il bocciolo si aprirà
il bambino non ci sarà.
Franta Brass, nato a Brno il 14.9.1930
morto ad Auschwitz il 28.10.1944



La farfalla
L´ultima, proprio l´ultima,
di un giallo così intenso, così
assolutamente giallo,
come una lacrima di sole quando cade
sopra una roccia bianca
- così gialla, così gialla! -
l´ultima,
volava in alto leggera
aleggiava sicura
per baciare il suo ultimo mondo.
Tra qualche giorno
sarà la mia settima settimana
di ghetto...
Ma qui non ho visto nessuna farfalla.
Quella dell´altra volta fu l´ultima:
le farfalle non vivono nel ghetto.
Pavel Friedmann, da Vedem, 4.6.1942

Vorrei andare sola
dove c´è un´altra gente migliore
in qualche posto sconosciuto
dove nessuno più uccide.
Ma forse ci andremo in tanti
verso questo sogno,
in mille forse
e perché non subito?
Alena Synkovà
...

Fatti non foste a viver come bruti
ma per seguir virtute e conoscenza...

Polifonie di sguardi
Presentazione e calendario eventi...

Istituto Comprensivo "Aldo Moro" e Comune di Calcinate
22-31 gennaio 2006





http://www.iccalcinate.it/shoah.php?oper=documento&id=14

LETTERA DI UN RAGAZZO NEL LAGE DI PUSTKOW


Miei cari genitori...addio





Lettera scritta in yiddish da un ragazzo di 14 anni nel campo di concentramento di Pustkow.







Miei cari genitori,


se il cielo fosse carta e tutti i mari del mondo inchiostro, non potrei descrivervi le mie sofferenze e tutto ciò che vedo intorno a me.
Il campo si trova in una radura. Sin dal mattino ci cacciano al lavoro nella foresta. I miei piedi sanguinano perché ci hanno portato via le scarpe… Tutto il giorno lavoriamo quasi senza mangiare e la notte dormiamo sulla terra (ci hanno portato via anche i nostri mantelli).
Ogni notte soldati ubriachi vengono a picchiarci con bastoni di legno e il mio corpo è pieno di lividi come un pezzo di legno bruciacchiato. Alle volte ci gettano qualche carota cruda, una barbabietola, ed è una vergogna: ci si batte per averne un pezzetto e persino qualche foglia.
L’altro giorno due ragazzi sono scappati, allora ci hanno messo in fila e ogni quinto della fila veniva fucilato… Io non ero il quinto, ma so che non uscirò vivo di qui. Dico addio a tutti, cara mamma, caro papà, mie sorelle e miei fratelli, e piango…



http://www.majorana.org/progetti/shoah/sommario.htm

SHOAH-VITA NEI LAGER


Vita nei lager





Le persone deportate nei campi di concentramento erano sottoposte a condizioni proibitive: la sottile casacca carceraria non proteggeva gli internati dal freddo; i cambi di biancheria si succedevano ad intervalli pluri-settimanali e persino mensili, e gli internati non avevano la possibilità di lavarla. Ciò era causa di diffusione di epidemie e di diverse malattie, in particolare del tifo, della febbre tifoidea e della scabbia.

Molti malati non venivano accettati in ospedale per il troppo affollamento; in tale situazione i medici delle SS conducevano periodicamente delle selezioni, sia tra i malati ed i convalescenti in ospedale, sia tra gli internati alloggiati in altri blocchi. I più deboli e coloro che non davano speranze di pronta guarigione erano portati nelle camere a gas, oppure soppressi in ospedale con iniezioni di fenolo al cuore. Per questo motivo i detenuti avevano soprannominato l'ospedale ‘anticamera del crematorio’.

Oltre alle esecuzioni ed alle camere a gas, un efficace mezzo di sterminio era il lavoro. I detenuti erano utilizzati in diversi settori lavorativi. Inizialmente lavoravano all'ampliamento del campo di concentramento livellando il terreno, costruendo nuovi blocchi e baracche, strade, canali di prosciugamento. Successivamente cominciò a far sempre più uso di detenuti, quale manodopera a basso costo, l'industria del III Reich. Durante il ritorno al campo delle squadre di lavoro, i morti ed i feriti venivano trascinati, trasportati su carriole e su carri.

Il primato nell'occupazione dei detenuti spetta al gruppo industriale tedesco IG-Farbenindustrie che costruì a Monowice, vicino a Oswiecim, una fabbrica per la produzione di gomma sintetica e la raffinazione della benzina: la Buna-Werke.

Le condizioni abitative, sebbene differenti nei vari periodi di esistenza del campo, furono sempre disastrose. I detenuti arrivati con i primi convogli dormivano sulla paglia sparsa sul pavimento di cemento, successivamente si usarono pagliericci.

A seconda dei motivi dell'arresto i detenuti erano contrassegnati da triangoli di diverso colore, cuciti sulle casacche degli internati insieme al numero di matricola. Una parte degli internati portava triangoli di colore rosso assegnato ai prigionieri politici. I triangoli neri erano destinati agli zingari ed ai detenuti ritenuti asociali dai nazisti. Agli studiosi delle Sacre Scritture erano destinati dei triangoli viola, agli omosessuali rosa ed ai criminali verdi.

Il valore energetico della razione quotidiana di un detenuto nel campo era di circa 1300 - 1700 calorie. A colazione il detenuto riceveva circa mezzo litro di caffè, ovvero un decotto di erbe; a pranzo circa un litro di minestra senza carne, spesso con verdure avariate. La cena consisteva in circa 300 - 350 grammi di pane nero duro come pietra, in quantità irrisorie di un altro alimento e da una bevanda d'erbe. Il lavoro pesante e la fame causavano l'esaurimento totale dell'organismo. La carenza di alimenti sufficienti portava spesso alla morte per fame. Alcune fotografie scattate dopo la liberazione del campo, mostrano detenute divenute quasi cadaveri e con un peso variabile dai 23 ai 35 Kg.



A tal riguardo è utile riportare la giornata tipo di un detenuto del campo di Mauthausen.

In estate, la sveglia avveniva da Lunedì a Sabato, alle 4.45. Alle 5.15 si effettuava l’appello. Le ore lavorative: dalle 6 alle 12 e dalle 13 alle 19. fra le 12 e le 13 vi era la pausa meridiana che comprendeva la marcia per raggiungere il campo dal posto di lavoro, quella del ritorno e l’appello per certe squadre che lavoravano nella zona del campo. Dopo le 19 vi era un altro appello e il rancio. Alla domenica lavoravano soltanto alcune squadre addette all’industria bellica ed i prigionieri che erano in punizione. In inverno la sveglia avveniva alle 5.15; l’inizio e la cessazione del lavoro nella cava di pietra dipendeva dalla durata della luce del giorno. Nell’industria bellica il puro lavoro era di 11 ore giornaliere.







http://www.majorana.org/progetti/shoah/sommario.htm

lunedì 27 aprile 2009

Yom Hazikaron 27-28 Aprile 2009

Yom Hazikaron 27-28 Aprile 2009
(Giorno della Memoria dei Caduti delle Guerre di Israele)



Yom Hazikaron è il giorno della memoria dei caduti in guerra e delle vittime del terrorismo, e si celebra ogni anno al 4o giorno di Iyar, tra la fine di aprile e l'inizio di maggio, una settimana dopo Yom Hasho'a, il giorno della Memoria dell'Olocausto, e due settimane dopo Pesach. E' dedicato a tutti i caduti in battaglia, dai soldati, ai membri delle forze di sicurezza, ai caduti dei movimenti clandestini precedenti la fondazione di Israele, alle vittime del terrorismo. Yom Hazikaron venne decretato per legge nel 1963, ma la consuetudine della celebrazione in questa data risale al 1951, fissando il legame tra il giorno dell'Indipendenza e tutti coloro che, per ottenere e mantenere questa indipendenza, sacrificarono la propria vita.


La giornata inizia la sera del 4o giorno di Iyar e termina la sera successiva, con l'apertura delle celebrazioni del Giorno dell'Indipendenza. Per legge, ogni luogo di divertimento rimane chiuso, le cerimonie commemorative si svolgono in tutto il paese e le bandiere vengono abbassate a mezz'asta. Una sirena risuona alla vigilia di Yom Hazikaron, alle 8, poi di nuovo la mattina seguente, alle 11, e durante il suono è consuetudine rimanere in silenzio. Le celebrazioni si svolgono nei centri cittadini, nei pubblici edifici e nei cimiteri, e i programmi radiotelevisivi sono dedicati al tema della giornata.



Consuetudini



In Israele è difficile che qualcuno non abbia perso un familiare, un amico o un conoscente in una delle guerre subite dal paese, per questo motivo Yom Hazikaron è un giorno particolarmente significativo per tutti. Sono in molti a partecipare alle celebrazioni, e i familiari dei caduti si recano a visitare i cimiteri militari.



Informazioni importanti



Yom Hazikaron non è una festività, e tutte le attività che non riguardano intrattenimento e ricreazione si svolgono regolarmente, ma è sempre consigliabile informarsi anticipatamente se un luogo specifico sia aperto. In ogni caso, la particolare atmosfera di lutto è percepibile in ogni strada.



http://www.israele-turismo.it/Tourism_Ita/Tourist+Information/Discover+Israel/Holidays/Yom+Hazikaron.htm

Yom HaShoah 5769 (20 aprile 2009)


Yom HaShoah 5769 (20 aprile 2009)
Yom HaShoah (יום השואה yom hash-sho’āh), o "Giornata del ricordo dell'Olocausto", ricorre il 27esimo giorno di Nissan, nel calendario ebraico. Si tiene ogni anno in ricordo dei 6 milioni di ebrei che furono uccisi durante l'Olocausto dai nazisti.

La riccorenza viene celebrata quest’anno il lunedì 20 aprile.
Per saperne di più, consigliamo il sito www.lager.it

Yom HaShoah in Israele
La giornata inizia in modo straziante. Di mattina una sirena percorre tutto il paese e per due minuti tutto si ferma. Autobus,macchine, chi cammina si ferma di colpo. Immobili, quasi sull'attenti, ognuno ricorda il passato con la sua immensa tragedia. Tutto il giorno è dedicato alla memoria di chi è scomparso nella Shoah. Nomi dei defunti vengono pronunciati uno dopo l'altro dai discendenti dei sopravvissuti nelle scuole, nei musei, nei luoghi pubblici. Israele ricorda e piange. (…) Ricordare perchè non accada mai più.
(Fonte: Informazione corretta).


Memoriale della Shoah a Parigi
All’occasione di Yom HaShoah, per il quarto anno consecutivo, viene effettuata la lettura dei nomi dei deportati ebrei di Francia davanti al Muro dei Nomi (76000 nomi).
Nel corso di una lettura pubblica senza interruzione durante 24 ore saranno pronunciati, uno a uno, i nomi di ogni uomo, donna, bambino deportato (dal 20 aprile 20.45 al 21 aprile 19.00).
Circa 200 persone, ex deportati, parenti, volontari, bambini, e altri leggeranno uno dopo l’altro, a partire dalle liste pubblicate nel Livre Memorial de la Déportation di Serge Klarsfeld, i nomi di “quelli di cui rimane soltanto il nome” (Simone Veil).
(per saperne di più, vedere il sito web http://www.memorialdelashoah.org)





http://www.comunitadibologna.it/index.php?option=com_content&task=view&id=110

Yom ha-'atzmauth 5769 (29 aprile 2009)


Yom ha-'atzmauth 5769 (29 aprile 2009)


Yom Hatzmaut – 60 anni di indipendenza dello Stato di Israele
7 maggio 2008
Sinagoga di Bologna, Via Mario Finzi

Saluto di apertura – G. Ottolenghi (Presidente, Comunità Ebraica di Bologna)

Autorità, amici tutti, è con piacere ed emozione che rappresento i sentimenti di gioia e gli auspici di pace della nostra Comunità in questo 60mo anniversario dell’indipendenza dello Stato di Israele.

Dopo il mio breve intervento, sarò onorato di dare la parola al Signor Sindaco, Sergio Cofferrati, che ci porta il saluto della Città, al Presidente del MEB, Prof. Emilio Campos, con cui abbiamo organizzato varie iniziative questa settimana. Tra i principali eventi ricordo il concerto per pianoforte qui in sinagoga domenica prossima 11, alle 17:30, e l’inaugurazione della mostra di foto di Robert Capa, scattate in Israele nel 1948, al MEB mercoledì prossimo 14 alle 18. Chiuderà gli interventi il Rabbino Capo, Alberto Sermoneta.

Cosa rappresenta lo Stato di Israele per noi ebrei, e cosa rappresenta e per noi cittadini italiani ed europei, e per i nostri concittadini di altre convinzioni civili o religiose?

Ecco un’occasione che nuovamente ci incoraggia a porci domande sulla nostra identità. L’identità è una faccenda complicata se ci pensate: ognuno di noi coltiva al suo interno molteplici identità. Abbiamo idee politiche, religiose, passioni sportive e hobbistiche, un’ identità nazionale, e una di campanile, apparteniamo ad un gruppo professionale, e ad una classe sociale. Insomma non abbiamo un’identità unica, e accettare di farci definire da una identità unica favorisce l’integralismo.

Questo lo sa bene la cultura ebraica, dove forse più che altrove si coltiva la differenza di identità: non è davvero molto frequente sentir parlare di ebrei che si considerano identici fra loro. La vivacità delle discussioni e dei punti di vista, il rifiuto del pensiero unico, l’accettazione di una pluralità di identità consentono il confronto e l’arricchimento costante delle culture. Il mondo ebraico si è sempre confrontato e si confronta col mondo esterno, da esso impara e ad esso fornisce contributi di pensiero, di cultura e di etica. Il mondo ebraico ha sempre saputo convivere con altre culture e crede nei valori di libertà religiosa, uguaglianza e rispetto.

Nell’ambito di questo riconoscimento della pluralità dell’identità di ciascuno di noi, trova oggi posto nell’idea di sé di ogni ebreo un legame con Israele. Questo legame ha molte nature, può anche essere critico, può essere politico, può essere religioso, ma è essenziale.

Credo di poter dire con certezza che, anche nell’animo di chi ebreo non è, Israele occupa un posto significativo. La nostra storia europea e la nostra cultura non sono indifferenti a questo piccolo angolo del mondo, e in un modo o nell’altro tutti, almeno ogni tanto, guardiamo verso Gerusalemme. Israele produce musica e libri, danza e cinema, tecnologia e agricoltura, architettura e pensiero politico. Israele è una frontiera tra due mondi, un grande esperimento di integrazione di culture e di identità, e insieme è un luogo simbolico delle origini dell’etica e della religione. I valori che vanno sperimentandosi oggi in Israele affondano le loro radici in principi antichi e in speranze di pace e armonia che permeano la nostra cultura in Europa. Per questo nessuno di noi vi resta indifferente

In questo contesto penso alla Fiera del Libro che inaugura domani a Torino, e che dedica il posto d’onore alla letteratura Israeliana. Davanti ai suoi cancelli vi saranno persone che invocano la libertà per negare la libertà, e la cultura per negare la cultura, e che vorrebbero emarginare gli scrittori di Israele, così come in passato hanno tentato di emarginarne l’accademia o l’arte. Questo astio verso le idee impoverisce chi lo pratica.

Speriamo che Israele possa essere sempre un paese che dialoga con le altre nazioni, contribuendo con le sue idee alla creazione di tempi migliori, in pace e senza temere per la propria esistenza. Speriamo che le celebrazioni di questo anniversario si svolgano con gioia, secondo l’insegnamento di Abrabanel che a Pesach, la Pasqua ebraica, richiede che gettiamo una parte del nostro bicchiere di vino. Perché la nostra gioia non può essere piena se, anche senza nostra colpa, essa ha prodotto sofferenza ad altri.

http://www.comunitadibologna.it/index.php?option=com_content&task=view&id=119

Discorso del rabbino per Yom Haatzmaut 2008
“Nel tornare oh Signore gli scampati di Sion, eravamo come sognatori, dunque si riempì la nostra bocca di gioia e la nostra lingua di giubilo…”

Questo salmo che abbiamo recitato e che viene recitato nei momenti più solenni, da millenni accompagna il popolo ebraico.
Proprio come dice il testo, “ha zore’im be-dim’à be rinnà ikzoru” “coloro che seminano piangendo, raccolgono con il canto e la gioia” così è accaduto a coloro che, miracolosamente scampati alla barbara sorte toccata ai loro famigliari e ai figli dello stesso popolo, dei campi di sterminio nazisti, trovarono rifugio e calore nella terra promessa ai Patriarchi e di lì a poco sarebbe divenuta la tanto anelata Terra di Israele.

La liberazione dal regime nazifascista che aveva riportato fra le nazioni europee un po’di pace e tranquillità vedeva le forze che avevano combattuto per la libertà impegnate a ripristinare fra la gente un modo di vita degno di quel nome. La città di Bologna stessa, assistendo alla liberazione anche da parte della Brigata Ebraica –che univa le sue forze a quelle cittadine- ritrovò la strada per ricostruire tutto ciò che la guerra aveva distrutto fisicamente e moralmente.
Era sì un sogno, ma un sogno che in poco tempo si sarebbe tramutato in una triste realtà; infatti, immediatamente dopo il riconoscimento dalla maggior parte delle Nazioni Unite, Israele si trovava a sostenere troppe guerre contro popolazioni ben più armate di lei.

Oggi lo Stato di Israele compie sessanta anni e nonostante ciò, il pericolo per questo Stato è ancora in agguato:
- un pericolo fisico: a causa dei continui lanci di missili da parte dei territori confinanti e di quei continui attentati a innocenti civili, in ogni momento ed in ogni luogo di abituale frequentazione.
- un pericolo psicologico: a causa delle violenti critiche di una parte del mondo, che non riesce a comprendere quale sforzo abnorme Israele stia facendo per ottenere un po’ di pace e tranquillità, considerati da tutti un inequivocabile diritto alla vita di ogni suo abitante.

In questi ultimi giorni, si sta assistendo a qualcosa che danneggia Israele ancor più di una guerra vera e propria.
In occasione del suo sessantesimo anno, Israele è stata dichiarata “ospite d’onore” alla Fiera del Libro di Torino e per questo motivo vi è da parte di una grossa fetta di estremismo politico, un atteggiamento di ostilità, non solo nei suoi confronti, ma anche nei confronti di tutti coloro che riconoscono in questo evento uno spiraglio di luce verso quella zona martoriata dai conflitti.

A proposito di ciò, un plauso particolare va alla città di Bologna che, attraverso le sue istituzioni culturali, in particolare il suo Ateneo, non ha permesso una manifestazione ufficiale di boicottaggio da parte di coloro che nutrono sentimenti di odio non solo nei confronti di Israele, ma e soprattutto della cultura, la quale non ha e non deve avere nessuna religione, nessuna razza ma deve essere un diritto ed un dovere per ogni cittadino libero!

Il popolo ebraico nel corso della sua storia plurimillenaria è stato definito da tutti “‘am ha sefer” il popolo del libro, proprio per la sua devozione allo studio e per la dedizione alla cultura.
Nel corso dei secoli, lo studio per noi ebrei, ha rappresento il mezzo fondamentale alla vita ed alla sopravvivenza in mezzo alle civiltà che ci hanno ospitati e circondati. Esso è stato il modo per poter esprimere la propria condizione di vita e portarne arricchimento ed esperienza. La Torà considerata la base della nostra cultura e del nostro credo - considerato fondamentale per comprendere il concetto di libertà - anche nel testo manoscritto, particolarmente sacro e riposto nell’Arca di ogni Sinagoga, viene indicato semplicemente con il termine SEFER- LIBRO.

Boicottare ciò equivale a boicottare la libertà di ogni uomo.

Le manifestazioni fatte in questi ultimi anni, a favore delle pace, soprattutto in Medio Oriente, sono state in gran parte un segno tangibile di intolleranza nei confronti di Israele e più volte abbiamo assistito all’atroce cerimonia delle bandiere bruciate, che si è ripetuta anche in occasione della manifestazione del 1° Maggio, data che simboleggia un alto valore di civiltà e rispetto nei confronti di ogni essere umano.
Anche nella nostra Regione e più precisamente nella città di Modena, episodi simili hanno intaccato, il sempre vivo rapporto di integrazione e di rispetto nel corso di centinaia di anni, fra la Comunità ebraica locale e gli abitanti della città.
Episodi simili, non servono ad aprire uno spiraglio di luce per la convivenza pacifica fra esseri umani, ma contribuiscono alla sempre più forte spaccatura in nome di un ideale che non c’è.

Il numero sei nella tradizione ebraica corrisponde all’ultimo sforzo prima del grande riposo: nel testo della Genesi, a proposito della Creazione del mondo è narrato che il Signore creò il mondo in sei giorni e poi al settimo si riposò, istituendo così lo Shabbat che è il giorno del riposo assoluto all’insegna della valorizzazione dell’opera di ogni essere vivente: umano ed animale.
Il sesto anno doveva completarsi il lavoro della terra ed al settimo tutto doveva essere lasciato incolto poiché anche il terreno aveva il diritto al riposo.

Sessanta è un multiplo di sei, è il sesto decennio di vita dello stato di Israele,che nonostante gli sforzi occorsi per la sua difesa, non si è sottratto al dovere morale civile e democratico di contribuire allo sviluppo ed al progresso in ogni campo ed in ogni settore della scienza, della tecnica e al bene dell’umanità tutta.

Per questo motivo ci auguriamo tutti che l’inizio di questo settimo decennio, Israele ed i suoi paesi confinanti possano finalmente trovare un’intesa vera, onesta e limpida per contribuire al bene di una pace salda e duratura fra esseri creati dallo stesso Essere a Sua immagine e somiglianza con lo scopo di portare su questo mondo una pace eterna.
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